Federico Sirianni ha scelto il festival musicale "Su la Testa" di Albenga per presentare ufficialmente il suo nuovo album dal titolo "Nella prossima vita". Si tratta del terzo disco del cantautore genovese dopo l'esordio con "Onde clandestine" nel 2002 e il successivo "Dal basso dei cieli", pubblicato nel 2006. Una vita artistica divisa tra musica e teatro per Sirianni che si è fatto apprezzare anche come autore e interprete di spettacoli di teatro-canzone. Nel suo nuovo lavoro in studio si è avvalso della collaborazione del Gnu Quartet, formazione per archi e flauto composto da Raffaele Rebaudengo (viola), Francesca Rapetti (flauto), Roberto Izzo (violino), Stefano Cabrera (violoncello). L'ensemble è diventato famoso per aver collaborato con gli Afterhours (vincitori ex aequo con Zibba della Targa Tenco 2012 per il miglior album), i Baustelle e per aver accompagnato i La Crus al Festival di Sanremo 2011.
Sirianni e Gnu Quartet saranno di scena sabato 8 dicembre al Teatro Ambra di Albenga in occasione della terza e conclusiva serata della settima edizione del festival organizzato dall'associazione Zoo.
Federico ha parlato del nuovo disco e della sua carriera artistica in questa intervista gentilmente concessa a "Musica e Disincanti".
Uscirà l'8 dicembre, proprio il giorno in cui suonerai al "Su la Testa", il tuo terzo album dal titolo "Nella prossima vita". In attesa di ascoltarlo descrivici questo disco.
«È sicuramente un disco profondamente diverso dai due che l'hanno preceduto, c'è un respiro musicale più profondo e un lavoro sui dettagli più minuzioso, ma anche un raccontarsi eliminando tutti i possibili filtri. Anche prima in realtà le canzoni avevano molti elementi autobiografici, ma mediati dallo stratagemma del narrare una storia facendola appartenere ad altri. Mi è venuto naturale invece scrivere quasi tutto in prima o seconda persona, prendere a piene mani da fegato, cuore e stomaco, gettare tutto su una tela bianca e mettermi a guardare la forma che il dipinto avrebbe assunto».
Quando e come è nata la collaborazione con il Gnu Quartet e cosa ti ha spinto a fissare su disco questo connubio artistico?
«Io e gli Gnu ci conosciamo da molti anni. Siamo tutti genovesi e in diverse occasioni c'è capitato di suonare insieme. Con Raffaele Rebaudengo, che suona la viola, ho un'amicizia di lunghissima data, è stato uno dei primi musicisti con cui ho lavorato quando ho cominciato a fare questo mestiere. Gli Gnu sono un combo strano, asimmetrico, la presenza del flauto al posto di un arco sposta modi e frequenze e loro riescono a essere contemporaneamente un quartetto da camera e un gruppo punk. Ho pensato che coinvolgerli fosse una buona idea, non solo a livello di arrangiamenti, ma come parte integrante del progetto, volevo che le mie canzoni, che finora navigavano sulle acque calme di un fiume, si trovassero a domare le onde dell'oceano. E così credo sia avvenuto».
Come e quando sono nate le canzoni presenti nell'album?
«Praticamente tutte le canzoni sono state scritte in un arco temporale abbastanza preciso, diciamo gli ultimi cinque anni, periodo in cui sono accaduti diversi avvenimenti che in qualche modo mi hanno cambiato e, credo, cresciuto. Aneddoti ce ne sono molti, a uno in particolare sono affezionato. Ero in Abruzzo, luogo che amo molto, alla fine di un concerto estivo. Mentre mi rilassavo bevendo un Rosso di Montepulciano, mi sono trovato ad ascoltare una discussione tra una giovane lei e un lui abbastanza sbronzo che tentava di corteggiarla in maniera un po' irruente. A un certo punto lei lo molla dicendogli la frase: ‹Tu sei proprio nato sfasciato›. A parte la bellezza dell'espressione in sé, in quel preciso momento mi è venuta voglia di immaginare come poteva essere la vita di uno che "nasce sfasciato" e, nel giro di poche ore, ho messo giù la canzone che porta quel titolo».
Come cambia in sala di registrazione l'approccio alle canzoni quando si ha una band alle proprie spalle?
«In realtà l'approccio cambia molto prima di entrare in sala. Mi è sempre piaciuto suonare con altri musicisti e ho avuto la fortuna di collaborare con artisti di altissimo livello, ma ho sempre pensato che una buona canzone debba essere buona quando è "nuda". Da lì la si può vestire come più ci piace, da sera, sportiva, metterle i piercing o gli stivali da cowboy. Gli Gnu han dato alle mie canzoni un respiro più lungo, dilatato, è come se le mie parole avessero imparato a muoversi nell'aria invece che restare a terra. Non è stato un lavoro facile, immediato, tutt'altro. Però il risultato ci soddisfa pienamente. Fondamentali, per la riuscita della cosa, sono stati Fabrizio "Cit" Chiapello, produttore e fonico dello studio Transeuropa di Torino, dove abbiamo registrato il disco, che ha dato ordine e forma all'immenso magma di suoni creato. E, certamente, Gian Gilberto Monti, deus ex machina e organizzatore di questo progetto».
Avete già programmato un tour per promuovere l'album?
«"Nella prossima vita" uscirà ufficialmente nei negozi per Egea a metà gennaio, da quella data verranno programmati dei concerti che sono poi il nostro "luogo fisico" preferito, siamo gente da palco, da autostrade, stazioni, aeroporti. Ma già adesso abbiamo alcuni concerti fissati per presentare il disco, oltre a quello di Albenga. Il 28 dicembre saremo al Teatro delle Clarisse di Rapallo e il 22 febbraio alla Claque del Teatro della Tosse di Genova».
I tuoi precedenti dischi hanno avuto ottimi riscontri di critica. Hai portato a casa anche il Premio Bindi. Cosa ti aspetti dall'album in uscita in questi giorni?
«Non lo so e non mi pongo il problema. Ho vinto parecchi premi, la cosa mi ha fatto piacere ma non mi ha cambiato la vita. La critica mi ha sempre trattato piuttosto bene, ma il mio rapporto principale lo vivo con il pubblico che viene a sentirmi ai concerti, che aumenta lentamente ma in maniera costante, che mi permette di sopravvivere suonando, che mi segue con entusiasmo e affetto. Una volta una coppia che si è conosciuta ascoltando una mia canzone mi ha chiesto se potevo eseguirla al loro matrimonio. Per me una cosa del genere vale più di mille recensioni. È stato meraviglioso e commovente».
Che bilancio fai del 2012, anno che ti ha visto anche in scena insieme a Gian Piero e Roberta Alloisio nello spettacolo di teatro-canzone "Malavitaeterna".
«Un anno decisamente positivo, tanti concerti, la realizzazione del disco e, appunto, "Malavitaeterna". Ho spinto io Gian Piero Alloisio a riprendere questo testo che ho amato dalla prima volta che l'ho visto in scena, nei primi anni Novanta, al Teatro della Tosse. Gian Piero è un artista eccellente e, per quel che mi riguarda, uno dei miei riferimenti ancor prima che iniziassi a fare il cantautore. Ci conosciamo da tantissimi anni, abbiamo spesso collaborato e sono felice di essere stato protagonista con lui e Roberta di questa operina musicale sulla tossicodipendenza. È stato un modo molto bello e particolare, ancorché duro e difficile, di approcciarmi nuovamente al teatro».
La tua produzione è molte volte legata al mondo del teatro, mi riferisco a "Luna park della scienza" di cui hai scritto le musiche e che è andato in scena l'anno scorso e, andando più indietro nel tempo, a "Il Grande Fresco" di cui sei stato autore e interprete. Come mai questa scelta?
«Nei miei concerti ho spesso cercato di inserire degli elementi teatrali, a cominciare da brevi monologhi che legassero insieme una canzone all'altra, a oggetti scenici, abiti o ammennicoli particolari. Le mie prime esibizioni nascono sui palchi dei teatri genovesi, il Garage, la Tosse, il vecchio, piccolo e meraviglioso Campopisano, che ora non c'è più, lo Stabile, l'Archivolto. Li ho calcati tutti. Ne respiro la magia, l'odore, la scena. Cerco di portarmi il tutto con me, a volte ci riesco, altre no».
Fare il cantautore ai tempi d'oggi è ancora possibile e quali doti deve avere un musicista per poter spiccare in mezzo alla folta schiera di pretendenti?
«Domanda da un milione di dollari. Io sopravvivo grazie ai numerosi concerti, siamo vicini al centinaio, che riesco a fare ogni anno. Ma non è per tutti così, bisogna varcare la soglia irta di rovi che ti introduce in quello che possiamo per comodità definire "mercato", anche se è tutto più virtuale e finto di quanto appaia. Nell'ultimo ventennio, e non è un caso, il mondo dello spettacolo e della cultura non richiede più doti particolari, tutti possono essere cantautori, attori, scrittori. In molti ci credono, la palude diventa sempre più melmosa, l'artista vero galleggia col parvenu e a volte nemmeno se ne accorge».
Da Genova ti sei trasferito a Torino, non hai nostalgia della tua terra?
«A Torino vivo benissimo, è una città che mi appaga in tutto e per tutto. Mi piace camminare lungo le rive del fiume con mia figlia, poter girare in bicicletta, scegliere luoghi ed eventi culturali da grande metropoli europea ma in un contesto fisico a misura d'uomo. A Genova torno abbastanza spesso, la amo come si ama una vecchia amante bella e con un pessimo carattere».
Artisticamente e culturalmente che differenze hai riscontrato tra le due città?
«Come ti dicevo, Torino, che non è New York, ha una buona offerta a livello culturale. Mi sembra che Genova, dopo un lungo sonno, si stia lentamente risvegliando. Mi piace riuscire a organizzare qualche evento nella mia città d'origine, fino a qualche anno fa era impensabile. La nascita di luoghi come La Claque o il Count Basie - ne cito due che ultimamente mi capita di frequentare artisticamente - hanno aperto uno spiraglio nel bozzolo cristallizzato in cui la città stava addormentata. Alla Claque organizzerò il 13 dicembre una serata tutta dedicata a Tom Waits con moltissimi ospiti genovesi, provenienti dai generi musicali più svariati».
Ti rivedremo anche quest'anno al "Su la Testa", hai un rapporto privilegiato con la città di Albenga e il suo festival…
«Sono stato ospite alcuni anni fa e mi ero trovato molto bene. Ora è capitata l'occasione di tornare e mi fa molto piacere poter presentare in questa manifestazione, coraggiosa per i tempi attuali, il mio nuovo disco».
Queste sono invece le ormai consuete dieci domande secche…
- Noce o nocciola? Se posso avere una terza via sceglierei la mandorla. Mi piace l'idea della dolcezza che si abbina a un veleno.
- Tex o Zagor? Zagor, decisamente. Da ragazzino avevo tutta la collezione.
- Mongolfiera o dirigibile? Romantici entrambi. Forse il dirigibile mi porta qualche suggestione in più.
- Latte intero o scremato? Intero, scremato mi fa schifo.
- Passeggiare o correre? Sono un ottimo passeggiatore. Ma aggiungo che tra le due opzioni preferisco andare in bicicletta.
- Borsa o zaino? Dipende. Forse più spesso la borsa, ma non il borsello.
- Rickie Lee Jones o Janis Joplin? Mi piacciono entrambe ma sono più affezionato a Rickie Lee.
- Paglia o fieno? Mah, l'ago nel pagliaio o l'amore sul fieno? Diciamo fieno.
- Colomba o aquila? L'aquila è un bell'animale, ma non amo il concetto di "rapace" nell'essere umano. Per cui scelgo la colomba.
- Domenica o venerdì? Il venerdì e il sabato, a meno che non debba lavorare, esco molto di rado. La domenica è il giorno del riposo e della malinconia. Vada per la domenica.
Titolo: Nella prossima vita
Artista: Federico Sirianni
Etichetta: Incipit Records
Anno di pubblicazione: 2013
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