Con "Dietro il Mondo" i Laik-Oh! aprono la finestra su un universo visionario dominato da atmosfere cupe e sinistre e in cui l'uomo deve fare i conti con le proprie paure e disillusioni. La band mantovana, al suo esordio discografico, lo descrive in sette canzoni dalla grande potenza evocativa e con un suono suggestivo che abbraccia l'elettronica e pesca in ambito dubstep e alternative. Un suono sperimentale, pulsante e in continuo movimento che plasma le storie e i racconti in un unicum dal sapore amaro. Canzoni che raccontano lo sconforto dell'uomo nel momento in cui si rende conto che i cardini della società e i concetti su cui ha basato la sua esistenza sono illusori e menzogneri. Solo in rari frangenti del disco i Laik-Oh! fanno entrare un piccolo sprazzo di luce, di speranza, in questo mondo e in questa società disillusa.
Bastano pochi secondi di ascolto del disco per ritrovarsi immersi al centro di questo universo, avvolti da abiti pesanti, dalle tinte scure e carichi di disillusioni. Con "Secoli di stragi", canzone che apre il disco, i Laik-Oh! puntano il dito contro ogni genere di violenza giustificata da moventi religiosi. E proprio la laicità e la profonda delusione nei confronti delle autorità eclesistiche sono uno dei punti di partenza da cui si sviluppa il pensiero del gruppo. Nel disco si affronta anche il tema del viaggio e dell'Oriente, visto come possibile via di fuga da questa società.
Il gruppo, nato agli inizi del 2012, è composto da Mattia Bortesi (voce e sintetizzatori), Michele "Panf" Mantovani (chitarra, sintetizzatori, loops e beats), Luca Peshow (basso e cori).
Ed è stato Mattia Bortesi a rispondere alle domande dell'intervista che ci fa scoprire questa nuova interessante realtà musicale.
Inizio questa intervista chiedendoti il significato del nome del vostro gruppo…
«"Laik-Oh!" significa sostanzialmente laico, ovvero "aconfessionale". Una scelta figlia del fatto che l'essere slegati da qualsiasi autorità ecclesiastica (ma potrei dire anche l'esserne profondamente delusi) era un po' uno degli aspetti che avevamo maggiormente in comune fin dagli inizi».
Quando è nato il gruppo?
«La band è nata tra il 2011 e il 2012 in una sala prove, scaldata con una stufetta a kerosene, che era anche difficilissima da raggiungere perché la macchina si impantanava nel fango. Michele, detto "Panf", voleva iniziare un proprio progetto electro-rock e ha chiesto a Luca di suonare il basso. Dopo qualche prova, però, si sono resi conto che serviva una voce e altre mani per suonare, così la mia insistente autocandidatura - suonavo già con Luca in un altro progetto - è risultata fatale».
Venite tutti da esperienze in ambito rock ma nel vostro disco puntate con decisione sull'elettronica con influenze dubstep e alternative. È questo l’ambito musicale in cui vi sentite più a vostro agio?
«In effetti si può dire che i nostri primi progetti musicali siano stati tutti molto più rock di questo. Ma se c’è una cosa scomoda da fare è sicuramente classificare questo disco. In "Dietro il Mondo" abbiamo sperimentato tanto: si alternano momenti più rock a parallele digressioni più ambient e annacquate in una ritmica electro. Il difficile poi è stato inserire, in tutto ciò, i testi in italiano in grado di tradurre in parola delle tonalità di lamento e di disillusione».
Quali sono le linee guida dell'album e quale messaggio porta con sé?
«I brani di "Dietro il Mondo" raccontano lo sconforto che accompagna l'uomo nel momento in cui si accorge quanto siano illusori e preconfezionati alcuni concetti e istituzioni cardine della società. La prima amarezza è immediata e riguarda non solo la fede cattolica ma tutti i teologismi, i loro soprusi e le violenze che, purtroppo, sono anche oggi di grandissima attualità. C'è poi anche il tema del viaggio, del tentativo di trovare nell'Oriente o nella natura (e nelle stagioni) qualcosa che possa risollevare da questa infelicità. A tratti è quindi un racconto molto leopardiano che ricama, tra musica e testi, delle atmosfere sinistre, tendenti all'eretico».
Sulla copertina campeggia una geisha che si specchia seduta sul mondo e l'oriente torna alla ribalta con la canzone "Asian trip". Cosa rappresenta per voi l'oriente, artisticamente e anche dal punto di vista umano?
«La dicotomia Oriente-Occidente è uno degli aspetti più limitanti che stanno in questo mondo, "Dietro il Mondo" per l'appunto. La nostra occidentalità traduce tutto ciò che vediamo, ne cambia i colori e i sapori. Purtroppo nell'estremo oriente non ci siamo mai stati ma è bello pensare che un viaggio l'abbia potuto fare l'uomo protagonista del nostro album. La geisha in copertina poi è proprio bella (due di noi se la sono già fatta tatuare) e vestendosi con il pianeta Terra simboleggia al massimo questi concetti».
Continuiamo a parlare della canzone "Asian trip pt. 1" in cui c'è un ospite speciale, Michele Negrini in arte Mud dei Terzobinario. Quando si sono incrociate le vostre strade?
«Michele Negrini è un cantante, è una voce. Però non solo: ha insegnato canto a Luca e a me, è il mio vicino di casa e sono innumerevoli ormai le occasioni artistiche in cui le nostre strade si sono incrociate. Musicalmente siamo distanti da lui - Mud potremmo definirlo un "cantautore alternative-pop" - però la richiesta di questo featuring ci è venuta spontanea. Sapevamo che con le sue sperimentazioni vocali il brano sarebbe potuto diventare molto bello, e così è stato! Il mio rapporto da vicino di casa con Michele Negrini va raccontato. Di solito ci si chiede il burro o la farina oppure ci si denuncia perché il cane fa i bisogni nell'altro cortile o uno ascolta la musica ad un volume esagerato; in questo caso, invece, ha vinto la musica: noi abbiamo chiesto una voce a Mud per il nostro primo lavoro e lui a me una chitarra per il suo primo album, "D'amore e di fango", uscito pochi giorni fa».
Nel disco si possono trovare riferimenti a John Hopkins, Moderat ma anche indierock italiano come Afterhours e Teatro degli Orrori. Chi di voi detta la rotta e su quali insegnamenti avete costruito la vostra unione?
«"Panf" negli ultimi anni è diventato progressivamente un divoratore d'elettronica. È lui che traccia la rotta compositiva della band. Naturalmente gli altri membri danno il loro contributo e mentre il brano cresce si arricchisce di sfaccettature che arrivano dai vari insegnamenti musicali ricevuti. In realtà l'indierock italiano ormai non lo ascoltiamo praticamente più! Gruppi come il Teatro degli Orrori però sono stati fondamentali per farci incontrare e conoscere come persone dato che diversi anni fa, proprio in quei "poghi" sudati, abbiamo iniziato a fraternizzare. Ora siamo sicuramente su altri ascolti ma se ti dovessi dire un gruppo che all'inizio ha influenzato maggiormente la band direi gli Aucan».
Il disco si apre con "Secoli di stragi". Una canzone e un titolo che sono un biglietto da visita impegnativo, non credi?
«Il brano "Secoli di stragi", del quale c'è anche il bellissimo videoclip realizzato da Giovanni Tutti, è sicuramente un inizio tosto e impegnativo! Sia per il testo che per l'argomento che tratta, ovvero tutte quelle occasioni nella storia dell'uomo nelle quali si è abusato di un movente religioso per spargere sangue e morte, dalle crociate in avanti. Il tema è forte così come lo sono le immagini del video ma noi siamo fortemente convinti di questo e penso che la cosa traspaia abbastanza facilmente».
Le atmosfere restano cupe ne "Il racconto dell’uomo deluso" come in "Assalto all’inverno". Perché tutta questa disillusione? Sono i tempi che portano questi pensieri o alla base ci sono esperienze personali?
«Ovviamente non ci siamo imposti queste tonalità noire e pessimiste a tavolino. Sono sensazioni che sono venute fuori pian piano, dai tempi in cui stiamo vivendo e dalle esperienze che tutti i giorni ci troviamo ad affrontare e a conoscere. Tutto questo ha generato delle tinte che non potevano non colorare i nostri brani».
Nella società di oggi chi è il "Neopagano"?
«Oddio, spero non esista. Però è una sorta di provocazione. Vengono ancora perseguite idee talmente vetuste che non mi sorprenderei se si ricominciasse a leggere il futuro guardando nelle interiora degli animali. Tornare al paganesimo nel ventunesimo secolo in quest'ottica non è poi così impossibile, gli altari mediatici sui quali praticare i sacrifici non mancano».
Avete lasciato qualche brano nel cassetto?
«Pochi, qualcosa di vecchio che abbiamo ripreso e aggiornato. Ora stiamo più che altro suonando live ma in testa c'è l'idea di tornare a comporre, magari qualcosa di diverso che segni un'evoluzione. Il futuro è comunque tutto da scrivere».
In quali territori musicali vi piacerebbe sperimentare?
«Già si sperimenta a cavallo di due o tre territori. L'augurio che ci facciamo è quello di poter ritagliare più tempo per comporre ancora tanto e creare un ambiente musicale più circoscritto e magari più elettronico».
Titolo: Dietro il Mondo
Gruppo: Laik-Oh!
Etichetta: New Model Label
Anno di pubblicazione: 2014
Tracce
(musiche di Laik-Oh!, testi di Mattia Bortesi)
01. Secoli di stragi
02. Assalto all'inverno
03. Asian trip pt. 1
04. Il racconto dell'uomo deluso
05. Neopagano
06. Asian trip pt. 2
07. Nel temporale
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