martedì 12 gennaio 2016

Le Mosche augurano "Boa Viagem Capitão"




L'album "Boa Viagem Capitão" segna l'esordio discografico de Le Mosche, formazione che nasce a Bologna ma che guarda a orizzonti molto più ampi. Nelle nove canzoni scritte da Giampiero Lupo, brindisino di nascita, si possono rintracciare i migliori insegnamenti della canzone d'autore doc, influenze jazz, elettroniche e stimolanti inserzioni di musica popolare dell'Italia meridionale. La forte impronta culturale del sud Italia si sposa alla scelta di cambiare continuamente registro e di affidarsi a soluzioni che in alcuni frangenti lasciano piacevolmente spiazzati. Si passa con estrema facilità da canzoni cantate in francese ad altre in italiano o inglese. Non manca un episodio di canzone tradizionale come la rielaborazione del famoso brano pugliese "La rondinella", cantato in dialetto brindisino.
Filo conduttore del disco è il viaggio, non solo fisico ma visto anche come continuo cambiamento e mutare dell'esistenza umana. Emblematica la scelta del gruppo di aprire e chiudere il disco con due recitativi (voce narrante di Simona Sagone) che segnano alla perfezione l'inizio e la fine, per ora, di questa prima esplorazione del mondo e del genere umano.
Un disco piacevole, dal sapore mediterraneo con qualche spruzzata di ritmica sudamericana, che è una buona base di partenza per un viaggio la cui storia è ancora tutta da scrivere e la cui destinazione per ora è ignota.
Le Mosche sono Giampiero Lupo (voce, synth, chitarre, organetto, mandola, castagnole e loops), Mirco Mungari (clarinetto, saz, bouzouki, oud, tamburi a cornice e friscaletto), Giovanna Merico (sax e tamburo a cornice), Lorenzo Mattei (basso e darbouka). Ospiti del disco sono la cantante Claudia De Candia sul brano "Nui" e il batterista Tiziano Schirinzi.
In questa intervista Lupo e Mungari presentano il loro progetto.



Chi sono Le Mosche?

Mungari: «Siamo un gruppo folk-cantautorale che unisce la musica dei cantautori italiani con la tradizione mediterranea, l'elettronica e il jazz».

Quali sono state le vostre esperienze artistiche prima di questo disco d'esordio?

Mungari: «Ricordiamo con affetto un minuscolo garage alla periferia di Bologna, la "saletta", come usavamo chiamarla, in cui davvero tutto è cominciato. Un'estate e un inverno di prove, esperimenti, chiacchiere, litigi, sogni a occhi aperti, duro lavoro: nell'afa e nel freddo si cementava la nostra amicizia e il nostro rapporto artistico. Tutti noi venivamo da esperienze artistiche molto diverse. Giampiero e Lorenzo dal cantautorato e dal rock indipendente, Giovanna dal jazz e io addirittura dalla musica antica e da alcune esperienze di ricerca nella musica etnica».

Dopo questo inizio come è proseguita la vostra avventura nel mondo della musica?

Lupo: «Una volta formatosi, il gruppo è stato impegnato in diversi concerti a Bologna e anche fuori. Durante l'estate 2012 abbiamo autoprodotto una demo di cinque tracce contenenti canzoni inedite e due brani popolari rivisitati. La demo si intitola "Il mio piccolo segreto" e ha visto la collaborazione del sassofonista agrigentino Andrea Francesco Manno. Nel 2013, Le Mosche hanno partecipato con successo a "Musica nelle aie", manifestazione che ha visto l'esibizione di una selezione di gruppi locali per le strade di Faenza. Frutto di questa esperienza è stata la collaborazione con l'etichetta Galletti-Boston che ha selezionato un nostro brano presente nella demo "Il mio piccolo segreto" e lo ha inserito nella compilation "Musica nelle aie 2013". Dopo tanti concerti e tanta esperienza di lavoro in studio, ha visto la luce il primo album della band, "Boa Viagem Capitão", un concept album di dieci canzoni, nove inedite e una della tradizione popolare salentina rivisitata. Il filo conduttore dell'album è il viaggio con le sue mille sfaccettature, narrato attraverso le storie di dieci piccoli invisibili eroi».

Come è nato "Boa Viagem Capitão"?

Mungari: «L'idea di registrare un album sul concetto del viaggio è maturata durante la scelta delle canzoni da inserire nella scaletta del cd. Ci siamo accorti che tutte le canzoni scelte avevano il viaggio come filo conduttore. Ci è sembrato quindi naturale pensare a un concept album che avesse  un incipit, il testo narrato di "Boa Viagem Capitão", delle storie ed un finale, il testo narrato di "Boa Viagem Capitão (outro)". Tecnicamente parlando, l'album è stato registrato da Giampiero Lupo in diverse location, mixato al Pure Rock Studio di Brindisi da Nanni Surace e masterizzato al Nautilus di Milano».

Filo conduttore del disco, si diceva, è il viaggio ma mi piace allargare il discorso al movimento, all'evoluzione. Lo trovi corretto?

Lupo: «Direi senz'altro di sì. Il mutamento è proprio della musica in sé, ed è il presupposto da accettare in ogni esperienza artistica. Non si può viaggiare senza cambiare e cambiarsi, senza evolvere nel senso più semplice del termine: ovunque tu stia andando, il viaggio agisce su di te, e quando arrivi sei una persona diversa rispetto a quando sei partito. Viaggiare significa voler cambiare».

Anche il mare è uno degli elementi più ricorrenti nelle vostre liriche. Che rapporto avete con questo elemento?

Lupo: «Il nostro è un rapporto molto profondo con il mare. È un elemento fondamentale nel viaggio e di questi tempi purtroppo è legato anche al bisogno di alcuni di affrontarlo, con tutti i pericoli che questo comporta, per sfuggire a guerra e fame. Nel nostro piccolo abbiamo voluto raccontare anche questa storia».

Nel disco troviamo canzoni cantate in francese, in inglese, recitativi e anche musica tradizionale. Perché avete voluto variare così tanto nella proposta artistica?

Mungari: «In realtà, non ci siamo preoccupati molto dell'eterogeneità della proposta artistica. Semplicemente ci siamo voluti esprimere nel linguaggio che ci era più congeniale, sia esso narrato o in una lingua diversa dall'italiano. In alcuni casi, si veda "L'aviateur", la storia che viene raccontata decide la lingua da utilizzare. La canzone citata parla appunto di una donna algerina che fugge dall'atrocità della guerra di indipendenza dalla Francia. O in "Nui", un brano che racconta di una donna salentina che vede partire il suo compagno per la guerra».

Non pensi che tutta questa eterogeneità possa rendere difficile all'ascoltatore inquadrare il vostro stile?

Mungari: «Probabilmente è vero, non è facile inquadrare il nostro stile. La cosa però è in parte voluta, perché non amiamo essere costretti all'interno di un solo genere musicale. Inoltre, riteniamo che ciò che mette insieme le diverse proposte artistiche sia appunto il sound che ci caratterizza e che in qualche modo accomuna i diversi pezzi del nostro repertorio».

Perché avete scelto di aprire e chiudere l'album con due recitativi?

Lupo: «Per suggerire una struttura circolare, un frame che traccia anche un percorso. Un inizio e una fine che non coincidono ma si richiamano a vicenda. Inoltre, i due recitativi introducono il tema che accomuna le storie narrate nell'album e chiudono invece con una voce di speranza, forse non una vera chiusura ma un invito a prendere coraggio ed iniziare un nuovo viaggio».

Nel disco proponete una rilettura di "La rondinella", brano della tradizione cantato in dialetto. Che rapporto hai con la musica tradizionale? La ritieni ancora fonte di ispirazione?

Lupo: «Assolutamente sì. Siamo tutti consapevoli di quanta parte della musica tradizionale abbia ispirato la musica odierna di tutti i generi. Il nostro rapporto con la musica tradizionale non è strettamente filologico, ma ci piace prenderla come una fonte di ispirazione per esplorare nuove strade, sia nella tavolozza sonora, con l'utilizzo di strumenti etnici e tradizionale, sia nell'arrangiamento, cercando di modernizzare, senza stravolgere, armonie antiche».

In "Boa Viagem Capitão" cantate: ‹Viaggiare è un atto di tremenda  arroganza, di dolce e inevitabile assurdità›. Vorrei che mi spiegassi questa affermazione…

Lupo: «Come dicevo prima, viaggiare coincide con cambiare. L'atto del cambiamento è insieme un rischio e una responsabilità; chi parte sa di dover mettere qualcosa in discussione, e partendo accetta la rottura col passato. Partire presuppone una decisione, una scelta, e comunque una cesura; qualcosa che era quotidiano viene condannato a diventare ricordo, e qualcosa che era immaginazione è costretto a diventare realtà di ogni giorno. Per viaggiare bisogna correre il rischio dell'abitudine nuova e dell'amore per essa».

In "Santa Lucia" raccontate in pochi versi drammatici lo stato d'animo di una persona che decide di cambiare sesso. Argomento non facile da trattare. Come è nato questo testo?

Lupo: «Il testo è dedicato a una mia amica e l'idea in particolare nasce dal concetto dell'esclusione. Una esclusione che nasce dall'orientamento sessuale e dalla decisione di cambiare sesso. Una volontà che nella nostra società è purtroppo causa di segregazione ed emarginazione. Tuttavia scrivendo il testo ho voluto sottolineare che l'esclusione è spesso superata attraverso l'inclusione all'interno di un gruppo anch'esso soggetto all'emarginazione. La nostra eroina, così come è avvenuto nella realtà, ha trovato sostegno tra gli emigranti che come lei hanno dovuto lasciare la propria casa. È per questo che si immagina, con poca modestia ed un po' di trasgressione, Santa Lucia, patrona transgender degli emigranti».

Perché in copertina avete scelto di rendere omaggio a Salgueiro Maia, l'eroe della Rivoluzione dei Garofani del 1974 in Portogallo?

Lupo: «L'idea è nata in noi da un'inquadratura di un film. Una colonna di carri armati sta per entrare nel centro di Lisbona all'alba del 25 aprile 1974, portando nel vivo la Rivoluzione dei Garofani; i mezzi però si arrestano davanti ad un semaforo rosso. Un giovane capitano domanda stizzito il perché di quella sosta, e un soldato imbarazzato gli risponde che ‹c'è il semaforo rosso, capitano. Non dobbiamo dare nell'occhio›. Per noi quella scena surreale è una sorta di archetipo di ogni viaggio impossibile, assurdo, scomodo. Quel giovane capitano dal volto pacifico era Fernando José Salgueiro Maia, l'eroe silenzioso della rivoluzione portoghese, colui che con la sua mite pazienza riuscì a riportare la democrazia nel suo paese senza sparare una pallottola, e finì dimenticato nell'ingratitudine senza mai reclamare nulla. Ci sembrava doveroso omaggiarlo in qualche modo, perché una delle prime scintille che hanno dato vita all'idea del nostro album è scaturita proprio dai discorsi su quella irreale rivoluzione, sul viaggio interiore di una generazione di capitani di vent'anni che scelgono di non sparare più un colpo seguendo le loro coscienze».

In quasi tutti i testi delle canzone ho scorto un fondo di amarezza e disillusione. Solo nel recitativo finale sembra esserci speranza per il viaggiatore...

Lupo: «Veniamo dal sud, anche il bassista ormai si sta adeguando. Il disincanto, la fatica del quotidiano, l'emarginazione più o meno palese fanno parte del nostro vissuto e della memoria delle nostre terre. Il viaggio, per chi viene da sud, è anche una terribile necessità di vita. Nel nostro piccolo noi quattro siamo tutti in qualche modo emigranti, abbiamo dovuto accettare il viaggio e il cambiamento per costruire i nostri sogni. Questo si riverbera nella nostra musica, insieme con la speranza, esile ma tenace, che ogni viaggio porta comunque con sé».

Dove vi porterà il vostro viaggio?

Mungari: «Kavafis diceva: ‹Quando parti per Itaca devi augurarti che il viaggio sia lungo / fertile in avventure ed esperienze›. Non ci domandiamo, oggi, dove approderemo; preferiamo goderci il paesaggio dal ponte di prua e imparare qualcosa in ogni porto in cui getteremo l'ancora».



Titolo: Boa Viagem Capitão
Gruppo: Le Mosche
Anno di produzione: 2015
Etichetta: New Model Label

Tracce
(musiche e testi di Giampiero Lupo, eccetto dove diversamente indicato)

01. Boa Viagem Capitão
02. L'aviateur (Nuara)
03. Santa Lucia
04. Una mattina
05. Renata
06. La rondinella  [tradizionale]
07. Nui
08. Ritorni
09. La vertigine azzurra
10. Boa Viagem Capitão (outro)




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