Sonorità tex-mex, ispirazioni cantautorali ed espressività teatrale sono gli ingredienti magici de "Il liquore di Mefisto", spettacolo e disco de Le Ristampe di Tex. L'ensemble ligure guidato da Augusto Forin e Sandro Signorile è nato a metà degli anni Novanta e dopo un periodo di pausa è tornato sulle scene con un progetto che ha già ottenuto grande successo di pubblico sui palchi liguri. Una rappresentazione musical-teatrale in cui l'imbonitore Jean-Pierre
Lozano esalta le virtù di un portentoso liquore capace di alleviare
qualsiasi tipo di male, fisico o mentale. Per entrare in possesso della ricetta segreta del liquore di Mefisto ha dovuto cedere la sua anima al diavolo ma ne è valsa la pena. Le
proprietà delle erbe contenute nel distillato sono descritte dalla sciamana Patrizia Litolatta
Biaghetti che associa le loro caratteristiche a quelle degli strumenti
musicali. Nello spettacolo gli interventi recitativi e le parti musicali cedono il passo l'un l'altro in un susseguirsi di storie e racconti.
La musica è di frontiera e le sonorità tex-mex si legano all'arte cantautorale e ad accenni, seppur volutamente limitati, alla terra
natia, alla Liguria. Un impasto originale, un distillato sonoro capace di evocare i grandi spazi delle praterie americane come le atmosfere raccolte dei centri storici liguri.
In queste settimane è stato pubblicato, in tiratura limitata di cinquanta copie, il disco che racchiude parte dello spettacolo e dà una visione d'insieme sulla musica e sull'ispirazione del gruppo.
Nel CD, registrato dal tecnico Alessandro Mazzitelli, suonano Augusto Forin (voce e chitarra), Sandro Signorile (mandola, dulcimer, lap steel), Davide Baglietto (cornamusa, flauti e percussioni), Dario Camuffo (cori), Marco Cambri (voce in "Motto de tera") mentre Jean-Pierre Lozano e Patrizia Litolatta Biaghetti sono le voci narranti.
Con Sandro Signorile abbiamo parlato de Le Ristampe di Tex, della sua passione per le musiche di confine e di suoi progetti futuri.
Sandro, raccontaci come è nato il progetto Le Ristampe di Tex…
«La basi le abbiamo gettate intorno al 1995/96, in occasione di alcune session fatte a casa di Marco Spiccio, medico e musicista della zona genovese. Eravamo io, Augusto Forin e Max Manfredi. Poi Max ha seguito la sua imponente carriera solista, io mi sono avvicinato al filone irlandese che per me è sempre stato importante e poi c'è stata l'esperienza con i Vagabond Shoes, Augusto ha portato avanti i suoi progetti ma alla fine eccoci nuovamente qui con uno spettacolo e un disco».
Chi ha avuto l'idea di chiamare questo progetto Le Ristampe di Tex?
«Il nome è stato proposto da Augusto ed è stato scelto per acclamazione».
Parliamo subito di "Il liquore di Mefisto", spettacolo musical-teatrale che presentate ormai da un paio di anni...
«Lo spettacolo è stato perfezionato nel corso del tempo con aggiunte e sottrazioni, fino ad arrivare alla versione definitiva. Così è stato anche per quanto riguarda la composizione dell'organico. Con noi hanno sempre suonato musicisti che per sopravvenuti impegni non hanno portato avanti un rapporto continuativo ma ora abbiamo trovato la giusta solidità. La formazione attuale vede Davide Baglietto, vero signore del vento che batte feroce il border, Mirco Pagano al cajon, Augusto alla chitarra, io alla mandola e poi ci sono due voci recitanti: la sciamana Patrizia Litolatta Biaghetti che cura il male di vivere con i suoi antichi rimedi e Jean-Pierre Lozano, sangue misto di culture che ci porta dove vuole recitando anche in spagnolo e francese, è un vero diavolo buono e terribile».
Qual è il filo conduttore dello spettacolo?
«Abbiamo preso come protagonista la figura benevolmente diabolica di Mefisto per raccontare storie. Mefisto propaganda le virtù del suo liquore e nel farlo non ha limiti di spazio e di tempo: incontra Warren Zevon, Joe Strummer insieme a Jodorowsky, qualche nostro musicista e amico che non è più con noi. Passa dal West ad ambientazioni opposte, sbaglia autobus e incontra Mick Jagger, sale sulla dirigenza di Ombre Rosse… È un modo per raccontare storie e lascia tantissimo spazio a una visione fatalista della vita e anche della musica, però è una fatalità ironica. Emblematica è la frase ‹mio marito ha finito i soldi, io ho finito l'amore› che troviamo pronunciata da una donna dell'est in "Bella signora". Lo spettacolo è una esplosione di ironia in cui racchiudiamo tutte le note dolenti - io ci metto anche l'Inter -, citazioni di frasi assurde, di film che hanno segnato non solo la mia vita ma di tanti».
In questi giorni è uscito anche il vostro disco. Nell'album, così come nello spettacolo, sono preponderanti le sonorità tex-mex, perché questa influenza?
Sandro Signorile (ph Martin Cervelli) |
Chi ha scritto i brani?
«I testi delle canzoni sono per la maggior parte di Augusto mentre i testi dei recitativi sono miei. In più nel disco c'è una poesia di Patrizia intitolata "Cinquantaparole" su cui ho suonato una slide. Parlando delle parti recitate ho mutuato un lavoro che per me potrebbe avere interessanti sviluppi, un po' alla John Trudell. Nel disco, diversamente dallo spettacolo, ho creato delle musiche che contestualizzano e accompagnano il recitato, come fosse una canzone. Per quanto riguarda il resto, alcuni brani provengono dalle vecchie session, alcuni pezzi sono di Augusto come per esempio "Giuda", canzone viscerale che non aveva mai inciso. Il testo di "Il mestiere" è di Ivano Malcotti, che è un paroliere genovese, mentre la musica l'ho composta principalmente io, anche se mette male dare una paternità precisa alle composizioni perché sono idee che vengono sviluppate all'interno del gruppo».
Discorso a parte merita secondo me "Motto de tera", canzone recitata in dialetto ligure…
«È una canzone che arriva da precedenti session e l'abbiamo inserita nel disco perché la presentiamo abitualmente anche dal vivo. In questo caso a cantare è Marco Cambri. Nello spettacolo proponiamo due brani in ligure. Il primo, introduttivo, si intitola "Che notte scura" e lo esegue Augusto e la chiusura è affidata a "Motto de tera". Sarebbe interessante implementare il discorso ma non vogliamo correre il rischio di essere gli ennesimi "rievocatori"».
Cosa c'entra il genovese con il tex-mex?
«Perché siamo quasi tutti profondamente liguri e me ne sono accorto da quando vivo in Valle Bormida. Abbiamo il nostro confine come è musica di confine il tex-mex».
Mi pare di capire che il disco da poco pubblicato sia una sorta di pre-release…
«È una anteprima che abbiamo tirato in cinquanta copie. Grazie alla perizia tecnica di Augusto e Patrizia e la disponibilità del mio socio, Giovanni Ruggiero, abbiamo stampato in digitale la copertina, tagliato il cartonato e assemblato il tutto. È di livello professionale e lo riteniamo soddisfacente dal punto di vista artistico e del suono ma è a nostro uso e consumo. Ci dà la possibilità di farlo sentire e magari convincere qualcuno a investire nel progetto».
Magari anche per assicurarvi qualche data fuori provincia…
«Sarei curioso di vedere quale possa essere l'accoglienza da parte di un pubblico diverso da quello savonese. Ci piacerebbe poter presentare "Il liquore di Mefisto" in qualche piccolo teatro off. Sono convinto che ci sia qualcosa di artisticamente valido da esportare…».
Tu e Augusto Forin siete entrambi amanti di fumetti. In quali personaggi vi identificate?
«Siamo appassionati di Tex ma anche di Corto Maltese di Hugo Pratt. Dato il mio spirito dualistico credo di potermi identificare in Mefisto, l'antagonista di Tex, mentre Augusto è un Tex tranquillo e rassicurante che non perde mai la calma ed il tempo sul palco».
In parallelo porti avanti l'attività all'interno dei Celtic String Border…
«Anche questo progetto deve capire cosa vuole fare da grande. Abbiamo varie idee nel cassetto, speriamo di riuscire a realizzare un prodotto originale in breve tempo. In questo caso aspetto però quello che decide Bobo (Roberto Storace, ndr). Con noi in pianta stabile c'è anche Fiorenzo Ermellino che suona percussioni e concertina. Suoniamo canzoni tradizionali irlandesi molto belle, poi ogni tanto a me scappa una slide che forse non c'entra molto ma me lo permettono».
Come mai la musica irlandese è così seguita?
«È una musica liberatoria, l'ho sempre amata. Ricordo che frequentavo le medie quando comprai "Alla fiera dell'est" di Branduardi. Ascoltai tantissimo quel disco, mi innamorai di quelle sonorità che ritrovai poi in Alan Stivell "À L’Olympia". Poi fu la volta dei Planxty. Andy Irvine l'ho conosciuto di persona e siamo andati a suonare in Irlanda con varie formazioni. Questa musica ci è esplosa nel sangue, non c'è una spiegazione. Ce l'hai dentro e ti senti elettrizzato quando la suoni».
Attualmente su chi si concentrano i tuoi ascolti musicali?
«Faccio molta fatica ad aprirmi alla musica di oggi, mi ancoro ad alcuni miti. Seguo con piacere le produzioni di T Bone Burnett e ho trovato emotivamente appagante la colonna sonora del film "A proposito di Davis" dei fratelli Coen. Inoltre apprezzo i Mumford & Sons, The Lumineers, insomma gruppi molto vivi nella cui produzione trovo la prosecuzione di un certo discorso artistico del passato. Mi piace ancora tanto il vecchio Dylan che per me sarà sempre quello di "Hard Rain" e della Rolling Thunder Revue, con un sacco di chitarre, a volte non proprio perfette e quell'impatto scenico e sonoro con la gente che impazziva e Dylan che decideva di fare il pezzo in un'altra tonalità…sono nostalgico».
Titolo: Il liquore di Mefisto
Gruppo: Le Ristampe di Tex
Etichetta: autoproduzione
Anno di pubblicazione: 2015
Tracce
01. Caldo
02. Il mestiere
03. Bella signora
04. La valsa - Cinquantaparole
05. Da
06. Il Kid
07. Fasce laterali
08. Il topo
09. Valzer di Ciotto
10. Giuda
11. Motto de tera
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