Arriva dalla Sardegna, e più precisamente da Sassari, uno dei bluesmen emergenti più apprezzati del panorama musicale italiano. Il suo nome è Francesco Piu ed è uno degli ospiti più attesi della settima edizione di "Su la Testa", rassegna musicale organizzata dall'associazione Zoo in programma al Teatro Ambra di Albenga dal 6 all'8 dicembre. Piu si esibirà l'ultima sera, sabato, e dividerà il palco con Dolcenera, Gnu Quartet e Federico Sirianni, e il vincitore del contest riservato a musicisti savonesi emergenti. Dopo due album di rodaggio, se così si può dire visto che "Live at Amigdala Theatre" (registrato nel maggio del 2010) ha collezionato ottime recensioni, il cantautore sassarese ha messo a segno il colpo decisivo con "Ma-moo tones". Un album blues moderno che esalta le caratteristiche e la maturità artistica raggiunta da Piu.
Passato, presente ma soprattutto futuro sono gli argomenti affrontati da Francesco in questa intervista in attesa dell'esibizione live di Albenga."Ma-moo tones" è il tuo terzo disco e arriva dopo il sorprendente "Live at Amigdala Theatre" e l'album d'esordio "Blues Journey" che sostanzialmente è un cd di cover. Il terzo capitolo della tua ricerca sul blues è entrato di diritto tra i migliori dischi dell'anno. Come è nato?
«Il disco è nato mettendo assieme diverse bozze composte da me negli ultimi due anni. Ogni tanto registravo qualcosa e mettevo da parte, poi a maggio dell'anno scorso ho selezionato le idee secondo me più riuscite ed ho iniziato a lavorarci più assiduamente».
Un importante contributo lo ha dato Daniele Tenca che ha scritto i testi di divese canzoni di "Ma-moo tones". Dove vi siete conosciuti e quale è stata la molla che vi ha fatto collaborare?
«Ci siamo conosciuti tramite il mio batterista Pablo Leoni che ha suonato anche nel suo disco. Mi è piaciuto il suo modo di scrivere e l'ho contattato chiedendogli di collaborare per la stesura di diversi testi dell'album».
Restituirai il favore a Daniele che in questo periodo sta lavorando al suo prossimo disco?
«Francamente non ne so niente, non ti saprei dire».
Per questo tuo terzo album hai potuto contare anche sulla prestigiosa collaborazione di Eric Bibb che ha curato la produzione. Come è nata la vostra collaborazione e quale è stato l'apporto di Bibb alle tue canzoni?
«La collaborazione con Bibb è figlia di due episodi fondamentali: nel 2010 ho avuto la fortuna di aprire un suo concerto e in quell'occasione ci siamo conosciuti di persona, mentre nel 2011 abbiamo addirittura suonato insieme grazie al mio amico Marco Cresci che ha organizzato il concerto. Poi ci siamo tenuti in contatto e grazie al grande lavoro del mio manager Gianni Ruggiero e dell'agente italiano di Bibb, Gigi Bresciani, siamo riusciti ad averlo in studio con noi ai primi di dicembre del 2011. Ha svolto un ottimo lavoro di produzione, soprattutto lasciando ai brani l'impronta di miscela che io avevo in mente, e lavorando sulla mia voce in maniera molto incisiva. Penso che abbia fatto uscire il meglio di me in questo lavoro».
Come si è svolto il lavoro in sala di registrazione?
«Tutte le tracce sono state suonate in diretta dal mio trio - Pablo Leoni alla batteria e percussioni e Davide Speranza all'armonica - sotto la supervisione di Eric. In un secondo momento ho cantato i brani con lui che, al mio fianco, mi indicava la corretta pronuncia e le diverse possibilità in cui potevo modulare la mia voce. A parte "Soul of a man" che è stata cantata e suonata tutta in presa diretta. È stata un'esperienza pazzesca, penso che mi abbia fatto crescere tanto sotto vari aspetti».
"Ma-moo tones" è un disco eterogeneo: undici brani blues che di volta in volta vanno a braccetto con soul, country, rock e funky. Hai un background molto ampio...
«Sì, il mio background parte dalla mia infanzia. Grazie a mio padre e a mio fratello, musicisti per hobby, scoprii il blues ed il rock degli anni '60/'70. Ho poi ascoltato tanti altri generi ed è cambiato anche ciò che mi piaceva suonare: il metal, l'hard rock, il progressive rock, il jazz, il rhythm and blues... Anche l'esperienza a fare piano bar con mio zio Lelle mi ha fatto apprezzare cantautori americani come James Taylor e Neil Young. A livello professionale poi sono maturato molto suonando in tour col cantautore Davide Van De Sfroos, col quale ho girato l'Italia in lungo e in largo per due anni e mezzo. Alla fine di questo percorso, in cui ho "assaggiato" vari stili musicali, mi son reso conto che quello che mi faceva stare bene e che sentivo appartenermi era il blues. Perciò la mia idea ora è quella di partire dal blues e contaminarlo con ciò che di buono mi hanno lasciato gli altri generi».
Nel disco rendi omaggio anche a un mostro sacro come Jimi Hendrix con la canzone "Third stone from the sun" e a Blind Willie Johnson con "Soul of a man". Perché questa scelta?
«Per quanto riguarda Hendrix, da chitarrista, mi piaceva omaggiarlo con una mia rilettura di un suo brano, dato che lo reputo il numero uno in assoluto. "Soul of a man" di Blind Willie Johnson per due motivi: per la profondità del brano e perché tempo fa avevo un duo delta blues col mio amico Samuele Marchisio che si chiamava come la canzone, perciò mi ero promesso prima o poi di inciderla
su un mio disco».
È curiosa la copertina del tuo ultimo disco, come anche il titolo. Cosa significano?
«Il titolo del disco è un gioco di parole che deriva dalla parola mamuthones, che è una maschera tipica della tradizione carnevalesca della mia isola, la Sardegna. Miscelando la cultura sarda con quella che suono, quella del Mississippi e comunque americana, ne è venuta fuori la parola Ma-moo Tones! Dopo aver spiegato questo concetto al mio grafico Antonello Sedda, lui ha voluto ulteriormente rimarcare la miscela ricoprendo una tipica maschera dei Mamuthones con un insieme di ritagli di giornali e riviste provenienti da oltreoceano».
Sei nato e cresciuto in Sardegna, non certo il posto ideale per venire a contatto con la musica internazionale, blues o rock che sia. Per assistere a un concerto bisogna viaggiare e per un giovane non sempre è possibile. Tu come ti sei avvicinato alla musica?
«Come dicevo precedentemente, nasco in una famiglia di musicisti: mio padre suonava il basso, mio fratello la chitarra e tra zii e cugini musicisti potrei fare una big band! Addirittura mio prozio suonava la batteria con Fred Buscaglione. In questo ambiente familiare, quando sei circondato da vinili, musicassette e qualche chitarra in salotto, se hai un minimo di curiosità per la musica il fatto di poter giocare a "strimpellare" aiuta. Sicuramente in Sardegna non transitano molti musicisti di caratura internazionale con frequenza come nella penisola, ma grazie al Narcao Blues Festival e a diversi jazz festival che ci sono sull'isola, anche se in un periodo limitato dell'anno, ho potuto vedere dal vivo diversi musicisti, americani e non, con la M maiuscola, che comunque stimolano e accrescono l'entusiasmo di chi si avvicina al mestiere di musicista».
Sono sempre più numerosi i musicisti italiani, tra i 30 e i 40 anni, che suonano blues. Molti dimostrano anche una notevole conoscenza del genere...
«Il blues è una musica semplice che punta dritta all'anima, magari in maniera più diretta rispetto ad altre, ma c'è anche da dire che alla fine è una cosa molto soggettiva, molte persone provano certe emozioni anche ascoltando altri generi».
Al giorno d'oggi si può vivere di musica e quali sono i maggiori problemi che i musicisti della tua generazione devono affrontare?
«Penso che si possa vivere di musica, io ci riesco ma devo dire che è sempre più difficile. La crisi non aiuta, i locali e gli organizzatori di festival fanno sempre più fatica e in Italia siamo molto indietro sia nell'essere riconosciuti come professionisti che nell'essere tutelati in ciò che facciamo. Senza andare troppo lontano, chi fa il musicista in Francia ha un aiuto economico notevole da parte dello Stato perché il musicista è considerato un artista, un patrimonio della cultura nazionale. Nella nostra penisola questa è fantascienza, dopotutto basta guardare la "cultura" che passa in tv e, soprattutto, basta vedere come vengono gestiti i soldi pubblici dai nostri politici per capire che siamo molto indietro, direi "Terzo Mondo"».
Quali sono i tuoi pregi e i tuoi difetti?
«Beh, non dovrei essere io a rivelarli. Comunque, dato che me lo chiedi, iniziamo con i pregi: sono un ottimista con molta determinazione. Per quanto riguarda i difetti direi che sono testardo e mi ostino ancora a fidarmi delle persone, ma pian piano mi sto disilludendo di quest'ultimo aspetto».
Il mondo musicale sarebbe più povero se...?
«Se non ci fosse il blues, naturalmente!».
Per finire ti sottopongo alle dieci domande secche che sono diventate un must di questo blog
- Assaggiare o gustare? Gustare, direi che è meglio soffermarsi sulle cose.
- Archeologia o fantascienza? Archeologia, prima di fare il musicista, da piccolo, sognavo di fare l'archeologo.
- Chitarra elettrica o acustica? Beh, dipende dai periodi. Oggi direi acustica.
- Lana o cotone? Cotone. Sia come tessuto, sia perché è legato alle radici del blues.
- Arancione o azzurro? Azzurro, come il cielo di Sardegna.
- Stevie Ray Vaughan o Eric Clapton? Questa è difficile perché sono due miei maestri ma scelgo Clapton perché mi ha influenzato maggiormente.
- Anguria o melone? Anguria perché mi rinfresca di più quando c'è caldo.
- Pastore tedesco o bulldog inglese? Pastore tedesco perché ne ho avuto uno quando ero piccolo. Ero molto affezionato a Kim.
- Borsalino o coppola? Mi piacciono entrambi ma scelgo Borsalino, forse è più blues.
- Acqua frizzante o liscia? Frizzante perché mi piacciono le bollicine.
Titolo: Ma-moo tones
Artista: Francesco Piu
Etichetta: Groove Company
Anno di pubblicazione: 2012
Tracce
(testi e musiche di Francesco Piu, eccetto dove diversamente indicato)
01. The end of your spell
02. Over you
03. Trouble so hard
04. Hooks in my skin
05. Blind track
06. Colors
07. Stand-by button
08. Overdose of sorrow
09. Down on my knees
10. Soul of a man [Blind Willie Johnson]
11. Third stone from the sun [Jimi Hendrix]