Un violinista eccentrico, un batterista con vent'anni di carriera alle spalle e un album che unisce echi classici a trame pop-rock condite con una buona dose di elettronica. Il titolo "Big Bang" è quanto mai azzeccato visto che il disco è una esplosione di suoni, contaminazioni, effetti e tecnologia che il violinista e compositore Andrea Di Cesare fonde in queste nove tracce originali. Dopo aver collezionato tante collaborazioni con alcuni dei più importanti nomi della musica italiana (tra questi Carmen Consoli, Paola Turci, Niccolò Fabi, Max Gazzè, Simone Cristicchi, Ron, Renato Zero, Daniele Silvestri e Mariella Nava), l'artista romano si presenta con questo progetto originale che vede il violino giocare con suoni effettati, tappeti elettronici e basi ritmiche. Un esordio discografico ricco di idee, costruito su una architettura melodica complessa che mischia la modernità dei suoni alla tradizione classica del violino, senza cadere in inutili virtuosismi. Si tratta di un linguaggio musicale nuovo, moderno e fuori dagli schemi.
Per riuscire nel suo intento Di Cesare ha chiamato a sé, in questa inedita formazione "duo2", il batterista siciliano Puccio Panettieri, già collaboratore di moltissimi artisti italiani e stranieri. La fatica discografica è impreziosita dalla partecipazione, in veste di cantante, di Niccolò Fabi nel brano "Solo un uomo" e di Paola Turci nella sua "Stai qui". Il disco, disponibile in digital download e su tutte le piattaforme streaming, è mixato da Mirko Cascio.
Abbiamo chiesto ad Andrea Di Cesare di raccontarci la genesi di questo album.
Andrea, cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera solista?
«Soprattutto la mia necessità di espressione, privata e intima. Quelle parole musicali che prestavo ad altri artisti ma non dedicavo a me, linee melodiche efficaci per altri ma mai una per me. Mi sentivo bene, da un certo punto di vista, perché regalavo una parte di me agli artisti con cui collaboravo, ma da un altro punto di vista sentivo che non stavo facendo tutto quello che era nelle mie potenzialità di espressione, quindi ecco qui il risultato, il mio primo disco, "Big Bang", una scintilla, un inizio di un dialogo musicale, un linguaggio mio, personale ed intimo, che regalo alle persone che hanno la voglia di scoprire una nuova lingua per farsi coccolare dai suoni del mio violino».
Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato in questa nuova veste?
«Le difficoltà maggiori sono nel farsi capire e conoscere, svestito dei propri panni, mettendomi a nudo, perché prima ero un co-protagonista efficace ma silenzioso, adesso sono il protagonista con un linguaggio nuovo e personale. Spero, piano piano, di ritagliarmi il mio spazio culturale».
In "Big Bang", oltre al suono del tuo violino, ti sei fatto accompagnare dal batterista Puccio Panettieri e da un'ipotetica band. Come l'hai creata e come hai studiato gli arrangiamenti?
«L'ho creata partendo da una unica fonte, il violino, da lì l'ho svestito e rivestito con altri suoni, utilizzando varie tecnologie di trasformazione. Gli arrangiamenti li ho creati pensando a come avrei poi potuto rifarli dal vivo, l'unica cosa era pensarli alla Bach, con contrappunti, melodie in orizzontale e non in verticale».
Se consideriamo le opportunità che dà l'elettronica al giorno d'oggi viene da chiedersi che disco avresti potuto registrare con le tecnologie di quarant'anni fa. Ci hai mai pensato e soprattutto come lo avresti prodotto?
«Non ci ho mai pensato perché vivo oggi, ma visto che mi ci fai pensare, l'avrei pensato sempre nella maniera di Bach, cioè con i contrappunti, portandomi dietro vari registratori a bobina e facendoli suonare assieme a me, e le note emesse sarebbero state storpiate. Avrei fatto sicuramente musica sperimentale».
Come si sono svolte le registrazioni?
«Nel mio studio, dentro le mie idee ed i miei pezzi di storia».
Pensi che ci siano ancora ambiti da esplorare nella musica contemporanea?
«Assolutamente sì, se non ci fossero sarebbe finita l'arte contemporanea in generale. Credo che, nel mio piccolo, il disco "Big Bang" abbia questa caratteristica, di essere un ambito nuovo da esplorare, anche per altri violinisti».
Nella tua carriera di musicista hai suonato con alcuni dei più importanti nomi della musica italiana. Quali sono gli episodi che ricordi con più piacere?
«Un tour, se non ricordo male era il 2008, con Paola Turci. In macchina eravamo io, Pierpaolo Ranieri, Marco Rovinelli e Paola. Viaggi, risate, allegria, gioia… in quella macchina ridevamo per piccole cose, si stava bene insieme ed è un legame che ancora oggi prosegue felicemente».
Cosa ti ha insegnato la tua carriera da turnista?
«Mi ha insegnato a suonare il giusto e per gli altri, sottolineando le parole dei cantanti con melodie adatte, senza strafare, essere co-protagonista al loro fianco».
Nel disco ci sono anche due ospiti illustri: Niccolò Fabi e Paola Turci. Come sono nate queste collaborazioni?
«Sono nate perché, prima di tutto, sono amici. Mi è venuto naturale invitarli nel mio disco, per una sinergia e una sensibilità molto simile, e li ringrazio nuovamente per avermi regalato una interpretazione unica, speciale e coinvolgente per il mio disco d’esordio. Niccolò e Paola sono stati felici quando li ho invitati a partecipare al disco come ospiti d'onore e anche per la scelta delle canzoni».
A parte questi due episodi, le altre nove canzoni che compongono il disco sono strumentali. Qual è il messaggio che vuoi trasmettere?
«Un messaggio pulito, di nuova sonorità, un messaggio sereno, tranquillo, ma nello stesso tempo di movimento per risorgere. Un'idea musicale che ti accompagna durante la giornata, un sorriso in musica ed un dirti, con il violino, che non siamo soli, che la scintilla c'è e si sente».
Chi dovrebbe ascoltare il tuo disco?
«Chiunque, bambini e adulti, donne in gravidanza a famiglie. Musicisti e non, tutti insomma».
Cosa farai nei prossimi mesi?
«Porterò la mia musica oltre oceano, in Sud America e nel Nord America, tornerò in Spagna e presto andrò a Londra e a Parigi, suonerò in Italia e ho tanti progetti da seguire. Il disco sarà ristampato con l'aggiunta di altre collaborazioni illustri e farò altri video… comunque tutto questo sarà aggiornato nella mia pagina Facebook».
Titolo: Big bang Artista: Andrea Di Cesare Etichetta: autoprodotto Anno di pubblicazione: 2013
Tracce
(musiche di Andrea Di Cesare, eccetto dove diversamente indicato)
01. Claudia
02. Run
03. Londra
04. Stai qui [Paola Turci; arrang. e adatt. Andrea Di Cesare]
05. My memories
06. The sound
07. The sun
08. Two voices
09. Solo un uomo [Niccolò Fabi; arrang. e adatt. Andrea Di Cesare]
10. Bit
11. Christopher
Raffinata, dallo sguardo vivace e intenso, con la battuta pronta ma anche spirito inquieto trascinato nel divenire dalla sua musica e dalla passione per l'insegnamento. Danila Satragno è senza ombra di dubbio una delle figure più apprezzate della scena jazz femminile italiana e soprattutto punto di riferimento per chi, professionisti e non, ha necessità di imparare a usare la voce. Cairese di nascita, Danila Satragno, dopo un paio di dischi che l'hanno fatta conoscere agli addetti ai lavori, è stata corista di Fabrizio De André sul finire degli anni Novanta, in occasione del tour "Anime salve". Incontro di straordinaria importanza per Danila, sia dal punto di vista artistico che umano.
La Satragno non è però solo cantante e interprete elegante ma anche insegnante. Con l'aiuto del medico foniatra Franco Fussi, l'artista savonese ha inventato un metodo scientifico, il vocal care, per insegnare a cantare. Sono stati pubblicati libri, dvd e addirittura una app per divulgare questo metodo che ha avuto grande successo anche tra i professionisti del microfono. Danila è infatti vocal coach di Ornella Vanoni, Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, Giusy Ferreri, Bernardo Lanzetti, Roby Facchinetti e Red Canzian dei Pooh e tanti altri.
Sul fronte discografico il 2013 è stato ricco di novità. Dopo "Sanremo in jazz", uscito all'inizio dell'anno, Danila è tornata in sala di registrazione per "Christmas in jazz", disco benefico che vanta la partecipazione di Ornella Vanoni, Gino Paoli, Paolo Fresu, e che contiene alcuni tra i più noti classici di Natale riadattati in chiave jazz e alcuni inediti. All'album hanno collaborato anche Luca Mannutza, Rosario Bonaccorso e Nicola Angelucci.
Quello che segue è un estratto della piacevole chiacchierata fatta con Danila a Savona.
Danila, anche tu hai voluto rendere omaggio alla festività più sentita dell'anno...
“Era un desiderio che avevo da tantissimo tempo, già da quando, ancora bambina, vedevo in televisione grandi stelle come Judy Garland e Bing Crosby impegnati in programmi natalizi bellissimi. Questo disco è praticamente la realizzazione di un desiderio adolescenziale. Il processo è stato naturale anche perché questi brani si sposano benissimo con la musica jazz".
So però che questo disco ha anche uno scopo nobile...
"Sì, a questo desiderio si è aggiunta la voglia di fare del bene. Natale ha in sé questo senso di condivisione e ho voluto unire la magia di questi giorni a qualcosa di concreto. Il ricavato del disco andrà in beneficenza all'ospedale pediatrico Gaslini di Genova, ma lo potremo dire ufficialmente solo quando avremo raccolto la somma da consegnare. Lavoro molto volentieri per i bambini come per gli animali".
Non sono mancate le collaborazioni di prestigio...
"Ornella Vanoni ha avuto una esperienza triste ma finita benissimo con il Gaslini e ha voluto partecipare gratuitamente al progetto. Gino Paoli mi ha detto <sono di Genova e voglio esserci assolutamente>. Paolo Fresu non era purtroppo dalle nostre parti ma ha registrato il suo intervento a Catania e grazie alla tecnologia anche lui ha dato il suo apporto. Poi i liguri Giampaolo Casati, Fabio Rinaudo e tanti altri. Ed è venuta fuori questa cosa straordinariamente bella, a detta dei critici".
Canzoni di Natale che hanno incuriosito anche l'emiro del Dubai. Raccontaci questa inaspettata trasferta araba...
"E' stata una bellissima sorpresa, nata da un incontro inaspettato da amici. Ho conosciuto queste personalità del mondo arabo che ammirano molto i Pooh e Ornella Vanoni, di cui sono vocal coach, e glieli ho fatti incontrare. Così mi hanno invitata a Dubai a portare un po' della mia musica. In quei giorni si stava disputando il campionato mondiale di offshore, che a Dubai è una cosa meravigliosa".
Musica di Natale in un paese arabo, anche questo è stato un piccolo miracolo, non credi?
"Effettivamente le canzoni di Natale c'entravano poco anche perché non è la loro religione ma devo dire che l'emiro è stato molto carino. E' venuto al concerto, ha ascoltato le musiche e ci ha fatto complimenti bellissimi. Ho cantato anche un brano a voce nuda che è piaciuto tantissimo".
Realtà molto diversa da quella che siamo abituati. Come ti sei inserita?
"Ero un po' timorosa e ho guardato sempre gli ospiti italiani per capire come stava andando. Indubbiamente hanno una visione molto diversa dalla nostra ed è molto difficile capire i loro riti. Sono stata seguita da un maestro di cerimonie che mi ha insegnato a muovermi. Ho fatto qualche errore, stavo per andare a baciare l'emiro in segno di ringraziamento ma per fortuna il mio maestro mi ha tirato una occhiataccia e mi sono fermata. Poi, se c’è voglia di comunicare con un po' di buona volonta le difficoltà si superano. Ci ammirano molto per la musica, la creatività, la moda e persino per il modo di costruire le case. Sono molto curiosi e ho nota che si stanno allineando molto al nostro paese". Esibirsi in un paese così diverso, in una situazione così particolare, non è roba da tutti i giorni. Cosa ti ricordi di questo viaggio?
"Ho avuto la possibilità di entrare nella loro moschea e ho pregato con le donne arabe. Sono state emozioni forti. Mi sono esibita su un meraviglioso panfilo offerto dall'emiro e tra gli invitati c'erano i personaggi più inaspettati: da Maradona alla principessa dell’Afghanistan, di cui sono diventata molto amica e con cui ho intessuto rapporti importanti. La musica ha fatto da collante tra emiri, Maradona, principesse, politici italiani".
Nel corso del 2013, oltre a "Christmas in jazz", hai pubblicato anche "Sanremo in Jazz". Due dischi in un anno, cosa ha provocato questa accelerata? Ricordo che l'album precedente, "Un lupo in darsena", è stato pubblicato ben sette anni fa...
"E’ stata una presa di coscienza. Sono sempre stata molto lenta nel consapevolizzare le cose e ho pensato a questo strano mestiere di cantante e vocal coach come a un percorso ed è poi quello che dico sempre ai miei ragazzi: non pensate di bruciare le tappe ma gettate le basi per una carriera lunga. Probabilmente è meno altisonante, hai meno picchi, ma vivi di musica e quindi hai bisogno di costruire le cose lentamente. Io forse sono fin troppo lenta, probabilmente perché non ho mai voluto lasciare la mia vita completamente in mano all’arte, perché non volevo piegarmi a troppi compromessi. Per me la musica è sempre stata molto importante e se fosse diventata il mio lavoro sarei stata obbligata a cedere agli inevitabili compromessi. Sono invece convinta che l'arte debba essere lasciata libera. Motivo per cui i grandi artisti sono sempre stati squattrinati: le due cose non vanno molto d’accordo".
E così oltre a fare la cantante hai deciso di dedicarti anche all'insegnamento…
"Avere un lavoro stabile mi ha permesso di lasciare la mia musica immune da compromessi e mi ha aiutato perché ora sono un essere libero e riesco a vivere, a cantare con chi voglio e fare le cose che desidero. Certo, vuol dire aver due lavori, avere 48 ore al giorno a disposizione. E' molto più faticoso, però guardandomi indietro adesso sono molto più contenta. Anche contenta di non aver accettato per due volte di partecipare al Festival di Sanremo perché non era in linea con le mie idee musicali. Ci ho messo molto per maturare, adesso però mi sento una artista più sicura, ho voglia di fare più cose perché sono più consapevole. Ancora quando lavoravo con De André non sapevo bene come collocarmi musicalmente, avevo tanti desideri. Ecco Fabrizio è stato uno di quelli che mi ha dato una illuminazione: nel 1998 mi ha detto canta in italiano perché vedrai che troverai delle sfumature che in inglese non ci sono. Aveva ragione. E "Sanremo in jazz" è figlio di quella frase di Fabrizio".
Con la maturità è arrivata quella serenità da sempre cercata?
"Certamente. Non sento più di dover fare i dischi per dimostrare qualcosa. Il disco è solo una testimonianza di quello che si è in quel momento. Prima mi agitavo e avevo paura della critica, del giudizio, ora, da quando ho smesso questo atteggiamento arrivano anche molti più complimenti".
Quando ti sei accorta di questo tuo nuovo atteggiamento?
"Nel 2011 sono cambiate delle cose e ho voluto fermare le esperienze fatte per poterle lasciare agli altri. Ornella Vanoni dice che sono una missionaria perché ho regalato tutto al mio lavoro. Probabilmente è vero, ho proprio voglia di vivere così, non solo per me stessa ma anche un po’ per gli altri. E’ per questo che non ho avuto una famiglia, e adesso capisco un po’ di cose mie perché evidentemente mi sentivo di dover dare, di condividere queste esperienze che ho avuto la fortuna di fare pur abitando a Cairo. Ho incontrato personaggi straordinari, musicisti icredibili. Fortuna o merito non lo so. Partivo con la mia Panda da Cairo e andavo a Milano a fare i mie incontri a sentire i concerti e da lì sono nate tante cose e mi ritengo fortunata di averle vissute".
Ho sentito che il tuo prossimo disco potrebbe essere un omaggio a De Andrè: un cerchio che si chiude?
"Sono rimasta molto amica della famiglia, con Luvi e Dori, anche con Cristiano ma soprattutto con le signore. Abbiamo fatto uno spettacolo carino ad Albenga da Antonio Ricci, in occasione di questo premio simpatico "La fionda di legno", e c'erano anche Gino Paoli e Dori. Ho cantato un brano di Fabrizio con enorme commozione, tanto che Dori è salita sul palco ad aiutarmi. Dori mi ha poi detto <Fabrizio non ti ha mai detto di cantare la sua musica?>. Le ho risposto <in realtà sì> ma poi non ho mai avuto il coraggio di partecipare a questa corsa ad interpretare De André, solo perché portava buono. Non volevo mettermi nella lista e ho rinunciato".
Ora qualcosa è cambiato?
"Dori ha insistito dicendomi che devo farlo anche perché le canzoni di Fabrizio cantate da una donna si possono ascoltare da una prospettiva diversa. Da quel giorno ad Albenga è passato un sacco di tempo, poi all'Epifania ho chiamato Dori e le ho detto che ero pronta anche per questo. E lei entusiasta mi ha detto <Bè, allora io ti aiuto>. Mi piacerebbe fare qualcosa in cui la Fondazione De André si riconosca, magari anche cantando brani inediti. Mi interesserebbe coinvolgere anche la Fondazione Don Gallo, inserire nel disco qualche voce recitante. Lo so, è completamente anticommerciale però va bene, voglio fare qualcosa di culturale".
Parliamo ora della tua carriera di insegnate di cui ci hai già anticipato qualcosa...
"E' stato forse il mio primo mestiere, ho cominciato facendo la maestrina di pianoforte. Poi questo mestiere si è evoluto, la voce mi ha catturata e ho dedicato la mia vita a studiarla in tutte le sue sfaccettature. Ho fatto un bell'allenamento con i miei allievi che poi sono diventati chi la corista della Nannini, chi di Vecchioni, poi c'è stata Annalisa e si continua con i bambini che vanno ai talent, e alla fine, lavorando con Franco Fussi, che è un grande foniatra, abbiamo inventato questo metodo, il vocal care, pensato proprio per la vocalità moderna. Abbiamo approntato un metodo scientifico molto rapido e veloce perché tu sai bene che i big hanno poco tempo per studiare, e ha avuto molto successo. Lo abbiamo testato sulle voci dei grandi da Giusy Ferreri a Giuliano Sangiorgi. Mi ha dato una credibilità enorme nell'ambiente e adesso quando c'è bisogno di curare una voce mi chiamano e devo dire la verità che mi piace molto".
Professionisti, bambini e alunni della tua scuola. Tanti sono i tuoi allievi...
"Ho lavorato anche su Mario Biondi, adesso è arrivato Manuel Agnelli degli Afterhours che non sta male per niente ma vuole fare nuove esperienze musicali, addirittura penso che voglia sondare un po' il jazz, quindi stiamo lavorando per questo. La cosa più appassionante però è sempre lavorare su un giovane che da zero arriva a dieci. Hai sempre da imparare perché ognuno di loro mi chiede cose diverse, hanno esigenze particolari. In questo modo rimango al passo con i tempi e continuo a migliorarmi. Adesso sto seguendo Zoe Nochi, la bimba protagonista del musical "Alice nel paese delle meraviglie" che tra un po' di giorni sarà premiata da Limiti".
Ripeti spesso che gli stonati non esistono, eppure...
"Pensa che gli stonati veri sono il 3% della popolazione mondiale, quindi è ben raro trovarne uno doc. In genere è una cattiva sintonia tra orecchio e voce, una volta rimesso a posto il collegamento è risolto il problema. Non ho ancora incontrato uno stonato irrecuperabile".
Il saper utilizzare la voce è molto importante anche nei rapporti personali. Hai mai pensato di portare le tue conoscenze anche in ambiti diversi da quelli artistici?
"L'ho già fatto, ho lavorato anche con politici. Mi sto appassionando alla comunicazione, a come insegnare alle persone a comunicare, parlare in modo efficace, siano essi politici, oratori, insegnanti ma anche nei rapporti di famiglia. Saper parlare è molto importante e aumenta il successo nella vita".
Secondo te quali sono i cantanti emergenti da tenere d'occhio?
"Teniamo d'occhio questa giovane cantante albenganese, Miriam Masala, che ho mandato recentemente da Maria De Filippi. E' veramente un personaggio interessante. Poi dico Annalisa che sta costruendo una carriera propria. La cosa bella è che non si è mai piegata troppo alla commerciabilità anche quando ha partecipato a un talent. E' sempre stata se stessa e lo trovo molto coraggioso per una giovane. Significa andare contro corrente e non è mai semplice. Malika sta facendo cose interessanti. Poi trovare un personaggio come Ornella Vanoni che a 80 anni ha voglia, passione, entusiasmo, è una cosa magnifica che porto sempre ad esempio ai miei ragazzi".
Vanoni che è al suo ultimo tour…
"Il suo ultimo tour? Non credo proprio. Ho sempre detto a Ornella che non ci credo. Ornella tra l'altro è molto affezionata a Bergeggi, le piace molto".
Negli anni passati sei stata ospite di format televisivi. Cosa pensi di questo mondo?
"Hanno dato grande rilevanza al canto e alla musica, hanno messo in evidenza l'importanza che può avere la musica per un giovane, come ti può cambiare la vita. Certo è che la rapidità con cui devono svolgersi commercialmente questi format ha interrotto il graduale processo di crescita dell'artista. Non permettono di fare quelle esperienze che preparano musicalmente e umanamente alla vita del cantante, che non è solo successo ma è un continuo progredire. Si creano meteore e conosco molti ragazzi che sono rimasti al palo. Sono ferite molto dolorose, psicologicamente bisogna essere preparati".
Consiglieresti a un giovane di partecipare a un talent show?
"Lo consiglierei solo a un giovane con le idee chiare. L'ho consigliato ad Annalisa perché ha un carattere di ferro, un grande talento, una bella famiglia alle spalle. Lo dico da insegnante, non da mamma perché non ho figli anche se è come se ne avessi tanti, una persona non preparata va incontro a molte lacrime e delusioni. Ho visto molte vite bloccate da queste esperienze negative".
Ci sono soluzioni per evitare tutto questo?
"Sarebbe bello che all'interno di questi format venissero trasmessi principi e segnali importanti e non ingannevoli. Si potrebbero arricchire i programmi con i cinque minuti della verità durante i quali trasmettere informazioni neutre per preparare i ragazzi al gioco. Sarebbe molto interessante anche per vedere la loro reazione".
Nel corso della tua carriera hai collaborato con un elenco sterminato di musicisti e cantanti. Avrai però sicuramente ancora qualche sogno nel cassetto...
"Si chiama Sting! Ho avuto l'opportunità di conoscerlo a un pranzo ed è stato veramente bellissimo. Vorrei lavorare con lui perché mi piace molto e poi perché vorrei dargli due-tre consigli sulla voce che gli sarebbero utili. Trovo che sia un angelo caduto sulla terra. La sua voce ha qualcosa di sovrannaturale. Lo dico spesso anche a Giuliano Sangiorgi: Dio ti ha dato qualcosa di speciale quindi usala bene".
Neil Young nella sua biografia, "Il sogno di un hippie", ha scritto <Non c'è nulla di peggio che avere una grande idea ma perderla perché non puoi controllarne il processo>. Cosa ne pensi?
"Penso che molti artisti ne abbiano sofferto, non solo cantanti, musicisti ma anche scultori, pittori, scrittori. Questo perché la comunione tra spirito libero e arte fa tanta fatica ad andare di pari passo con la contemporaneità e la commerciabilità. Sono due realtà molto diverse e spesso succede che una grande idea messa in un contesto non possa più essere controllata. Pochi forse lo capiscono ma è un fatto che ha danneggiato tante forme d'arte e di pensiero. Nella mia lentezza ho cercato sempre di protegge la mia arte, senza metterla molto in risalto. Un giornalista recentemente mi ha chiesto <ma cantavi così anche vent'anni fa, perché adesso Blue Note e prima ti esibivi ad Albissola?>. Ecco, probabilmente per questa voglia di proteggere e rimanere me stessa. Adesso sono contenta, ho trovato un equilibrio perfetto. Poi il fatto che si faccia fatica questo dipende molto dal coraggio".
E dopo l'esibizione al Blue Note di Milano cosa farai?
"Ci sarà lo Sporting a Montecarlo, poi ritornerò a fare un giro nei club degli Stati Uniti però stavolta con un gruppo interamente americano, forse rimarrà Dado Moroni ma non sono ancora sicura. Canterò jazz in italiano perché credo che nelle contaminazioni nascano le cose più belle. E poi mi farà piacere ritornare a casa".
Titolo: Christmas in jazz Artista: Danila Satragno Etichetta: autoproduzione/Artist First Anno di pubblicazione: 2013
Tracce
01. Silent night (feat. Paolo Fresu)
02. Let it snow! Let it snow! Let it snow!
03. The Christmas song
04. Jesus, oh what a wonderful child
05. White Christmas
06. Amazing Grace
07. Ave Maria
08. All I want for Christmas is You
09. Jingle bells
10. A child is born
11. Babbo Natale e Maria (feat. Gino Paoli)
12. Silent night (feat. Ornella Vanoni e Paolo Fresu)
C'è voluto molto coraggio e un pizzico di sana follia per decidere di cantare le canzoni di "E già", l'album meno conosciuto, spiazzante e a suo tempo criticato di Lucio Battisti. Patrizia Cirulli, con l'appoggio del giornalista Francesco Paracchini ("L'isola che non c'era") nelle vesti di coordinatore del progetto, riavvolge il nastro e a trent'anni di distanza dall'uscita di quel disco che ha segnato uno spartiacque nella carriera di Battisti, pubblica "Qualcosa che vale". La cantautrice milanese rilegge il disco dell'artista di Poggio Bustone dando alle canzoni nuova vita e slancio, e dimostrando, al tempo stesso, una ormai raggiunta maturità da interprete che le evita di cadere in facili autocelebrazioni. Non si tratta quindi di un mero tributo ma di una esperienza musicale di stile, capace di mettere in luce aspetti nuovi di canzoni troppo presto dimenticate. "E già", uscito nel 1982, fu infatti l'album di transizione tra le due importanti fasi della carriera di Battisti. È un disco che segna il passaggio tra la produzione precedente firmata con Mogol e quella successiva affidata al paroliere Panella. Le canzoni di "E già" sono brani brevi, senza orpelli, scritti a quattro mani con la moglie Grazia Letizia Veronese ma rinforzati da una base elettronica, una novità che in Italia anticiperà in qualche modo l'evoluzione musicale degli anni Ottanta.
La Cirulli ne dà una lettura differente. Lascia da parte i suoni elettronici e punta a una più essenziale chiave di lettura acustica per voce e chitarra. Soluzione che esalta il testo e le "verità nascoste" di queste dodici tracce. Per farlo la Cirulli vuole al suo suo fianco alcuni dei più bravi chitarristi italiani. Uno, o al massimo due, per ogni brano. Quattordici maestri della sei corde che impreziosiscono e personalizzano le canzoni pescando nelle più diverse sensibilità musicali: Pacifico per "Scrivi il tuo nome", Luigi Schiavone per "Mistero", Massimo Germini e Andrea Zuppini per "Windsurf windsurf", Giorgio Mastrocola per "Rilassati ed ascolta", Fausto Mesolella per "Non sei più solo", Walter Lupi per "Straniero", Giuseppe Scarpato per "Registrazione", Fabrizio Consoli per "La tua felicità", Paolo Bonfanti per "Hi-Fi", Carlo De Bei per "Slow motion", Carlo Marrale e Simone Chivilò per "Una montagna", Mario Venuti per "E già".
Abbiamo parlato con Patrizia Cirulli della genesi di questo album che le ha regalato il quarto posto al Premio Tenco 2013 nella categoria "Interpreti". Il tutto nell'intervista che segue.
Cantare Battisti, una bella sfida non credi?
"In realtà non ho pensato a questo quando ho deciso di avvicinarmi a questi suoi brani. Battisti non ha certo bisogno di qualcuno che canti le sue canzoni, le sue realizzazioni sono dei capolavori. Tuttavia mi sono avvicinata con rispetto e curiosità a questo repertorio cercando di sentire nel profondo queste composizioni".
Perché proprio Battisti?
"Di Battisti si é soliti ricordare il periodo in cui i testi erano affidati a Mogol. Si tratta del periodo di maggior successo e visibilità, le canzoni che tutti conosciamo e che ancora oggi ci accompagnano. Poi esiste il periodo dei cinque album bianchi, dove i testi sono di Panella. E poi esiste un album che unisce i due periodi, quello del 1982 "E già", dove i testi sono scritti da Grazia Letizia Veronese (moglie di Battisti). Il secondo Battisti (da quest'ultimo album in poi) é quello meno conosciuto. Ed é un peccato perché ci sono delle cose molto belle che vale la pena recuperare. Questo Battisti era quello che mi interessava scoprire e interpretare".
In "Qualcosa che vale" canti le canzoni di "E già", un disco originale e allo stesso tempo spiazzante, che si poggia su moltissima elettronica e che è forse il meno conosciuto della produzione di Battisti. Anche questa scelta poteva essere un azzardo, non credi?
"Certamente. Ma credo sia proprio una delle cose interessanti. É un disco poco conosciuto, ed é un peccato. Non ci si può fermare ad un primo ascolto. Si tratta di canzoni particolari che meritano attenzione. Ci sono cose che si scoprono e apprezzano nel lungo periodo, non necessariamente nell'immediato. Il veloce consumo musicale di oggi e la superficialità non mi interessano".
Come e quando è nata l'idea di interpretare questi brani?
"L'idea é nata cinque anni fa (entrando nel 2014 quasi sei!) parlando con Franco Zanetti. Ho sentito qualcosa di molto bello in quel disco di Battisti. Ho preso la chitarra e ho iniziato a cantare i primi tre brani che mi avevano colpito inizialmente. "Scrivi il tuo nome", "Mistero" e "Rilassati ed ascolta". Per me tre capolavori. Poi sono andata avanti con gli altri. É successo qualcosa di magico, un incontro straordinario. Concetti di grande profondità, una ricerca interiore e allo stesso tempo un senso di leggerezza. Ho quindi deciso di realizzare un disco con questi brani. Ho contattato Francesco Paracchini, direttore della rivista di musica "L'isola che non c'era" e gli ho parlato di questa mia idea. Francesco ha apprezzato molto il lavoro di pre-produzione da me svolto e ha voluto unirsi a me nella realizzazione del progetto".
Non paga delle inevitabili insidie che si incontrano quando si interpretano brani di mostri sacri, come è appunto Battisti, hai voluto stravolgere il tutto rinunciando completamente all'elettronica. Hai scelto di farlo puntando solo su voce e chitarra. Una scelta che, rispetto all'originale, dà molta più importanza ai testi o sbaglio?
"É proprio così. La realizzazione in acustico, lascia molto più spazio al valore dei testi. Come ti dicevo, vengono trattati temi importanti, profondi. A volte, invece, si sente anche un senso di leggerezza. In ogni caso, la particolarità e la bellezza va ricercata anche nella comunicazione di questi testi".
Ad accompagnarti però hai voluto ben quattordici chitarristi: da Fausto Mesolella a Pacifico, da Marrale a Mario Venuti, solo per citarne alcuni. Ciò ha richiesto sicuramente un grande impegno organizzativo…
"Certo, anche perché mettere insieme quattordici grandi musicisti, ognuno impegnato con le proprie attività, non é stato semplice. É stato semplice avere la loro adesione nel senso che hanno accettato tutti subito con entusiasmo. Poi, a livello organizzativo, c'è voluto un po' di tempo. E c'é voluto un po' di tempo inizialmente anche per scegliere i musicisti".
In base a quale criterio sono stati scelti i chitarristi?
"Siamo partiti dalle canzoni. Abbiamo pensato: <chi potrebbe realizzare questo brano, con questo stile, con queste caratteristiche?> E da lì abbiamo iniziato a pensare ad alcuni nomi. É iniziato tutto così".
Quanto tempo hai dedicato a questo progetto?
"L'idea é nata nel 2007. La realizzazione del disco é iniziata, invece, nel 2010".
Quale canzone del disco senti più tua?
"Più di una, in realtà tante. Te ne dico due: "Rilassati ed ascolta" e "Non sei più solo". Ma non posso non dirti anche "Scrivi il tuo nome"".
"Qualcosa che vale" è il titolo del disco ma per te cosa è che vale?
"Nel brano "Scrivi il tuo nome" c'è una frase magistrale: <…scrivi il tuo nome su qualcosa che vale>.
Ecco. Appunto. Scrivere il proprio nome, la propria storia, la propria giornata, la propria vita su qualcosa che vale. Dare valore alle cose. Riconoscere il valore delle cose, delle persone, delle emozioni, di quello che accade. Riconoscere il proprio valore. E anche quello degli altri. Autenticità. Questo vale". Con "Qualcosa che vale" sei approdata alla finale del Premio Tenco 2013 nella categoria "Interpreti". Come hai accolto il quarto posto e cosa pensi della rassegna sanremese?
"É stata una bellissima sorpresa e mi ha fatto molto piacere. Mi piace poter ringraziare i giornalisti che hanno votato il disco e tutti i chitarristi che hanno partecipato con la loro straordinaria creatività e sapienza artistica".
Dopo due singoli e un disco da interprete non pensi che sia arrivata l'ora di pubblicare un disco di canzoni tue?
"Le mie canzoni esistono al di là della pubblicazione dei dischi. E questo da anni. Arriverà anche quel momento probabilmente. In ogni caso, il prossimo disco sarà un disco di poesie da me musicate. Testi di grandi poeti, tipo Quasimodo, D'Annunzio e altri, in forma canzone. Ho avuto modo di vincere il Premio Lunezia nel 2010 e anche nel 2013, proprio per aver musicato questi due poeti. Ecco un altro incontro magico, straordinario. E io mi appassiono. Come con le canzoni di Battisti. Ed eccoci di nuovo... a qualcosa, che per me, vale".
Titolo: Qualcosa che vale Artista: Patrizia Cirulli Etichetta: FPPC Anno di pubblicazione: 2012