lunedì 22 aprile 2013

Mirco Menna e le granite di mandorla







Mirco Menna è uno di quei personaggi borderline che si è affacciato non più giovanissimo sulla scena discografia. Nato come batterista e diventato poi compositore e autore, l'artista bolognese ha esordito nel 2002, a 39 anni, con l'album "Nebbia di idee". Quattro anni dopo è arrivato "Ecco" che vanta anche un prezioso incipit in versi firmato da Fernanda Pivano. Una produzione discografica rarefatta ma molto apprezzata dalla critica e dai colleghi. "Finalmente un disco saporito ed elegante", disse Paolo Conte riferendosi all'album d'esordio di Menna.
Successivamente, dopo aver curato e interpretato lo spettacolo "Arie d'anima marina", Menna ha iniziato a collaborare, in qualità di cantante, con il gruppo etno-rock Il Parto delle Nuvole Pesanti. Un connubio artistico duraturo che ha portato al dvd "Slum", nel 2008 al film "I colori dell'abbandono", vincitore del Festival Internazionale di Cinema, Ambiente e Paesaggio, e allo spettacolo di teatro canzone "Noi stessi". Nel 2010 l'atteso ritorno discografico con l'album "...e l'italiano ride", registrato insieme alla folta e giovane Banda di Avola. Un incontro artistico tra due realtà di estrazione geografica e culturale diversa che hanno saputo integrarsi e completarsi, trovando ispirazione reciproca e dando vita a un lavoro tra i più riusciti dell'anno. La partecipazione al Premio Tenco 2010 è stata una logica conseguenza.
Mirco Menna si esibirà venerdì 26 aprile alla Torre Antica a Borgio Verezzi e per l'occasione abbiamo fatto questa interessante chiacchierata.



Mirco, nel 2010 ti abbiamo visto al Premio Tenco insieme alla Banda di Avola. Come è stato questo incontro?

"Ci siamo incontrati ad Avola, una sera in cui suonavo lì. E ci siamo piaciuti in diretta".

Un incontro anche tra due realtà geografiche e culturali molto diverse: tu di Bologna e la Banda della Sicilia. Cosa vi ha uniti e quali sono state le difficoltà incontrate?

"Ci ha uniti la simpatia, artistica e umana. Le difficoltà? Esagerare con le granite di mandorla, forse".

Ci sarà un nuovo capitolo in questa collaborazione?

"L'intenzione c'è".

Oltre alla Banda d'Avola, hai collaborato assiduamente anche con il Parto delle Nuvole Pesanti, di cui, per un certo periodo, sei stato il cantante. Cosa ci puoi raccontare di questo incontro artistico?
 

"Abitavamo a Bologna e ci siamo trovati più volte sugli stessi palchi. Io feci un'ospitata nel loro disco e loro nel mio, poi un'estate sostituii il loro batterista in alcune date del loro tour. Quando Peppe Voltarelli (il cantante del Parto delle Nuvole Pesanti, ndr) uscì dal gruppo, io mi trovai amichevolmente lì. Diciamo che sono stato un loro ospite fisso per qualche anno, ho tappato volentieri il buco, finché Salvatore De Siena non ha cominciato a cantare".

Nella tua carriera, oltre alla musica, c'è spazio anche per teatro e cinema. Quale di queste arti senti più tua e quali sono invece gli aspetti che ti hanno spinto a cimentarti nelle altre?
 

"Parlando di teatro e cinema, mi ci son trovato per caso. Con il Parto delle Nuvole Pesanti, appunto, e l'attrice Milvia Marigliano, con cui producemmo "Slum", un lavoro teatrale dei Filodrammatici di Milano. E, sempre col Parto, il film "I colori dell'Abbandono", di Paolo Taddei (vincitore del Festival Internazionale di Cinema Ambiente e Paesaggio, ndr). Mi sono sentito a mio agio, sì. Per questo ho poi firmato e messo in scena un spettacolo di teatro-canzone dal titolo "Noi Stesi – Cantata dell'emergenza quotidiana"".

La tua carriera è iniziata come musicista al servizio di altri, poi nel 2002 il grande salto con la pubblicazione del tuo album d'esordio "Nebbia di idee". Cosa ti ha spinto a prendere questa strada?
 

"Il mio amico Paolo Nanni con cui collaboravo, non ha voluto più cantare. Allora canto io, ho detto. E abbiamo continuato a collaborare".

Disco che ti ha portato subito sotto i riflettori della critica. Sei arrivato terzo al Premio Tenco nella categoria miglior opera prima e hai ricevuto il premio come artista emergente dell'anno da parte della rivista "L'isola che non c'era". Meglio non poteva andare, non credi?

"È stato divertente. Lo fosse stato di meno avrei smesso: qualunque altro mestiere è più “lavoro” di questo, se mi spiego. Invece ho fatto il secondo e poi il terzo disco, per continuare divertentemente a non lavorare".

Cosa hai pensato quando Paolo Conte ha descritto il tuo lavoro con la frase: "Finalmente un disco saporito ed elegante"?

"Che ero contento di essere un fan di Paolo Conte".

Quest'anno cade il decennale della scomparsa di Giorgio Gaber. Tu hai reso omaggio al grande artista milanese partecipando, un po' di anni fa, al tributo edito da Il Mucchio Selvaggio. Cosa pensi del personaggio Gaber e della sua musica?

"In quel disco feci "Chiedo scusa se parlo di Maria", che è significativa di quel che penso di lui: fortemente politico, fortemente intimo".

Nella canzone "Evviva Evviva il Capo Minchiuto" sono tanti i riferimenti a una Italia che non piace. Secondo te la canzone può avere, anche ai giorni d'oggi, una funzione di denuncia o politica?

"Eh... quella canzone, "Evviva...", fu scritta quando nessuno poteva immaginare che Mubarak avesse una nipote falsa, che per il suggeritore Paniz e i suoi amici era vera (Maurizio Paniz, avvocato e politico italiano eletto nel 2001 nella lista di Forza Italia e rieletto nel 2006 e 2008, ndr). La canzone non ha denunciato un bel niente, anzi è stata stracciata dalla cronaca. Paniz però è un trombato alle ultime elezioni. Son soddisfazioni, anche per un cantante di canzoni innocue".

Quanto è importante per te, bolognese, la questione meridionale che tu tratti sovente nei tuoi testi?
 

"Sono meridionale di famiglia. Al di là di Salvemini e Gramsci, la questione meridionale per me era casa mia e dei miei parenti fin da piccolo. Era capire che quando si tornava "giù" al paese, c'era una felicità, una simpatia che era fatta di un'altra pasta... qualcosa di diverso, che si faticava a spiegare e si condivideva con un certo imbarazzo "su" con gli amici del nord".

Quali sono i tuoi maestri musicali?

"Gente che ho conosciuto direttamente, amici i cui nomi direbbero poco tranne a noi, fra noi. Se poi intendi a chi posso 'assomigliare' o a chi ci si può riferire ascoltando le mie canzoni, beh lo lascio dire. I nomi che ho sentito fare sono almeno una trentina, tutto il 'cantautoresimo italico' da Modugno a Capossela passando per Sergio Caputo e De André. Qualcuno ha detto anche i francesi. Quel che posso dire io, è che li ho ben ascoltati: qualche cosa mi avranno lasciato, chi più chi meno".

A quali progetti stai lavorando?

"Ai prossimi... e hanno tutti a che fare con la musica e le parole, sono un fissato".

Infine mi piacerebbe che rispondessi alle 10 domande secche...

- Albero o arbusto? Per la prima volta nella mia vita, l'estate scorsa ho fatto amicizia con un albero, un acero secolare. Con un arbusto non mi è ancora capitato (le piante di pomodori amorevolmente curate per interesse, magari... ma l'amicizia è un'altra cosa).
- Pizza o calzone? Dipende. La pizza è bella, è allegra, è sfacciata sotto il naso. Ma l'introverso calzone rimane caldo più a lungo, e favorisce la lentezza.
- Etna o Vesuvio? Etna, che quando ha da dire lo dice. Invece il Vesuvio si tiene tutto dentro e fa finta di niente... pericoloso.
- Pianura o montagna? Mi piace lo sguardo di pianura, che arriva fino laggiù in fondo, come al mare. O in cima alla montagna.
- Chitarra o tamburo? Basso, che ha l'anima di tutt'e due. Pensavo di fare il bassista infatti, la prossima volta.
- Nero d'Avola o Lambrusco? Il primo, a meno che non si mangi prosciutto.
- Capo di Buona Speranza o Capo Horn? Capo di Buona Speranza, per via del Vascello Fantasma che ogni tanto qualcuno vede.
- Cintura o bretelle? Mai portato bretelle, ma così, per conformismo.
- Torre o cupola? Torre cupolata. Se dobbiamo farla fallica, facciamola per bene.
- Cantautore o cantastorie? Cantiere...? A lavorare, altro che cazzate.





giovedì 11 aprile 2013

La Resistenza della Brigà(ta) partigiana







A Brigà celebra il 70° anniversario della nascita della Resistenza in Italia con un disco interamente dedicato ai canti partigiani. "Brigà(ta) partigiana. Continuiamo a giocare in attacco" è il titolo dell'album, il terzo della band savonese, che sarà presentato sabato 13 aprile al Teatro Nuovo di Valleggia (Savona). Il concerto prenderà il via alle ore 21.
Il gruppo, composto da Marta Giardina, Alex Raso, Elena Duce Virtù e Luca Pesenti, ha riletto alcune delle pagine musicali più significative di quegli anni: da "Bella ciao" a "Pietà l'è morta", da "Fischia il vento" a "Ribelli della montagna". Lo ha fatto togliendo dalle canzoni quella patina che si è depositata nel corso degli anni ma senza per questo stravolgere la tradizione. Un valido aiuto è stato dato da alcuni graditi ospiti quali Salvatore Coco, Loris Lombardo, Matteo Rebora, Fabio Biale e Fabio Pesenti. Il disco è arricchito inoltre da alcune registrazioni dell'epoca. Tra un brano e l'altro si possono così ascoltare il Proclama di Pietro Badoglio dell'8 settembre 1943, una registrazione della trasmissione radiofonica Radio Londra andata in onda sulla BBC, e per finire il messaggio rivolto ai giovani dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini il 31 dicembre 1983. Spaccati di storia che si collocano con naturalezza nella sequenza di canzoni proposte, tra cui un paio di brani originali firmati da Luca Pesenti. Ricco di informazioni anche il libretto che riporta genesi e storia di tutte le canzoni presenti nel disco. La grafica è curata anche questa volta da Alex Raso, chitarrista del gruppo, che in questi giorni espone le sue opere alla libreria Ubik a Savona.
Del nuovo album abbiamo parlato con la ventiquattrenne cantante savonese Marta Giardina.




Come è nata l'idea di registrare un disco di canti della Resistenza partigiana?

"Da tempo, all'interno dei nostri concerti, abbiamo inserito canti partigiani e da qualche anno, nel mese di aprile, facciamo spettacoli dedicati proprio alla Resistenza. L'idea di inserire alcuni brani partigiani all'interno dei nostri spettacoli è dovuta alla voglia di ricordare e far risuonare ancora questi canti che risultano attuali, oggi più che mai. Quest'anno si celebra il 70° anniversario della nascita della Resistenza in Italia e abbiamo pensato che fosse il momento giusto per far uscire un disco dedicato a questo repertorio. Inoltre viviamo in una città che è un vero e proprio caposaldo dell'antifascismo ed è per questo motivo che il tema lo sentiamo ancora più nostro".

Qual è lo scopo di questo album?

"Vogliamo ricordare che quell'ideale di libertà, che con il sangue e la vita è stato duramente perseguito, non deve andare dimenticata. Oggi, sempre più spesso, si sente aria di revisionismo che spaventa ed è pericolosa. Attraverso la musica e la parola vogliamo gridare a tutti che il fascismo non lo vogliamo, per provare a contribuire anche noi, nel nostro piccolissimo, alla difesa di ciò che è stato conquistato così faticosamente e in cui crediamo ancora così fermamente. Abbiamo cercato di fare nostri questi canti, li abbiamo attualizzati perché resistere significa anche diventare partigiani dell'oggi".

Alla base di questo disco sembra esserci un grande lavoro di ricerca. Chi ha contribuito a tutto ciò?

"La ricerca è stata fatta con il prezioso aiuto di Anpi Savona, Fiap Nicola Panevino Valbormida, Circolo Giustizia e Libertà Savona, Anpi sezione Lavagnola Fratelli Briano, Associazione Progetto Cine Indipendente, CreaTV. Molta della bibliografia utilizzata per la ricerca era in possesso di Alex Raso, il chitarrista del gruppo. Altri libri ci sono stati regalati da Giacomo Checcucci, ormai vecchio amico della Brigà".

Oltre alle canzoni avete inserito nel disco registrazioni storiche: Radio Londra, il Proclama di Badoglio, le dichiarazioni di Ugo Mazzucchelli nel finale della canzone "Dai monti di Sarzana" e soprattutto l'appello ai giovani di Sandro Pertini. Perché avete fatto questa scelta? 

"Radio Londra, il Proclama di Badoglio e le dichiarazioni di Ugo Mazzucchelli sono contributi storici legati ai brani. Il messaggio trasmesso da Radio Londra è un messaggio in codice del 1944. A partire dal 27 settembre del '38 Radio Londra fu un insieme di programmi radiofonici trasmessi dal Governo di Londra tramite l'emittente radio inglese BBC e indirizzati alle popolazioni europee continentali. Durante la guerra ebbe un ruolo fondamentale nel trasmettere "messaggi informativi cifrati" indirizzati alla Resistenza italiana e alle missioni inglesi che si trovavano in Italia, informandoli sul luogo dove sarebbero arrivati i rifornimenti di cibo e armi o fornendo informazioni di tipo tattico-belliche. La registrazione del proclama di Badoglio, che precede la canzone dedicata all'8 settembre, risale al 1943 ed è la risposta a un comunicato del generale Dwight D. Eisenhower che annunciava l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile firmato il 3 settembre con gli anglo-americani. Ugo Mazzucchelli, che si sente sul finale del canto anarchico "Dai monti di Sarzana", era comandante del Battaglione Lucetti citato nel canto. Questo contributo ci è stato fornito da CreaTv ed è un estratto del documentario "Gli anarchici nella resistenza". Il messaggio di Pertini, allora presidente della Repubblica, sulle note del "Valzer d'aprile" composto da Luca Pesenti, è tratto da un suo discorso rivolto ai giovani del 31 dicembre del 1983. Oltre che storico ha anche un valore ovviamente un valore affettivo".

Quanto è ancora attuale la frase pronunciata da Pertini nel messaggio di fine anno del 1983: "Dico al mio avversario, io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sin al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, la possa esprimere sempre liberamente…"

"Oggi è valida più che mai! Sembra sempre più difficile esprimere le proprie opinioni liberamente. Questa frase dovrebbe essere lo slogan di ogni generazione, dovrebbe essere sempre in voga, soprattutto tra i giovani".

La copertina cela un particolare che sicuramente sfuggirà ai più. Ci racconti come è nata l'idea? 

"La foto in copertina nasce da un manifesto esposto a Palazzo Ducale a Genova qualche anno fa per celebrare, con altri manifesti selezionati, la Liberazione. Le opere realizzate dall'Accademia di Belle Arti di Genova, attraverso un linguaggio fantasioso, toccavano i temi dell'antifascismo e della Liberazione. Questi stessi manifesti sono stati esposti a Savona sulla fortezza del Priamar l'anno scorso, proprio in occasione della manifestazione per il 25 Aprile. La nostra copertina è la foto di un calcio balilla, in cui si vedono i due schieramenti, rossi e neri, e in lontananza sullo sfondo un omino nero a testa in giù. Questo particolare vuole citare la morte di Mussolini, appeso a testa in giù a piazzale Loreto".

E' ancora attuale il messaggio della Resistenza?

"Penso che ogni cosa che riguardi la storia vada indagata ponendosi delle domande su qual è il significato che oggi assume per noi. In epoche diverse lo stesso episodio, lo stesso momento storico assume molteplici e diversi significati. Oggi la Resistenza non è più quella della lotta armata sulle montagne, si è trasformata, ha assunto una nuova forma, ma allo stesso modo è legata a quei principi di libertà, giustizia e speranza che guidavano i partigiani. Fare resistenza oggi per me significa ricordare tutto ciò che hanno fatto per noi i partigiani, ma anche partecipare perseguendo un ideale, continuare ad arrabbiarci e a non delegare".

Chi è oggi l'invasore?

"Penso che gli "invasori" di oggi siano tutti quelli che attentano alla Costituzione Italiana, tutti quelli che cercano di cancellare e infangare quella che è stata una delle pagine più eroiche della nostra storia".

Quanto sono popolari i canti partigiani tra giovani di oggi?

"Purtroppo non molto. La nostra speranza è proprio quella di riportarli alla luce, di diffonderli tra i giovani, anche perché, oltre a ricordarci un importantissimo e recente periodo storico, fanno parte della nostra cultura popolare, fanno parte della nostra storia e cantarli e conoscerli è un po' come esprimere una parte di noi".
 
Nel 2013 chi sono i partigiani?

"Chiunque partecipi, esprima le proprie idee, collabori a migliorare ciò che è di tutti, si informi, sia critico e interessato, chiunque voglia essere libero e vuole che anche gli altri lo siano, chiunque creda che la Costituzione Italiana sia il fondamento del nostro essere cittadini e uomini. Ne sono un esempio significativo per Savona i giovani che, da qualche anno, stanno lavorando all'interno dell'Anpi Sezione Centro e organizzano eventi, incontri che possano attirare e avvicinare i giovani alla Resistenza. Due grandi iniziative come quella per il 25 Aprile sul Priamar, che anche quest'anno verrà replicata dopo il successo dell'anno scorso, e il Campeggio "I ribelli della  montagna" durante l'estate alle Tagliate, alle quali come gruppo siamo sempre stati presenti, sono esempi dell'impegno e della voglia che c'è nei giovani di partecipare".

Per ascoltare e apprezzare questo disco occorre avere un orientamento politico di sinistra?

"Credo proprio che non occorra un orientamento preciso. Inoltre gli orientamenti politici dei partigiani erano molteplici e talvolta opposti (comunisti, cattolici, anarchici, autonomi…). Ed è proprio questa mescolanza che poi ha fatto nascere la nostra Costituzione".

Qual è la canzone che senti più tua?

"La canzone che amo maggiormente di questo disco è "Pietà l'è morta". Un po' perché è nata da un concorso, bandito nel '44 dal comando del II settore Giustizia e Libertà, per la composizione di un canto partigiano, che venne vinto dalla IV banda del Vallone dell'Arma. Un po' per la malinconia e la tristezza di cui è permeata, un po' per le parole del grande Nuto Revelli". 



Titolo: Brigà(ta) partigiana. Continuiamo a giocare in attacco
Gruppo: A Brigà
Etichetta: autoproduzione
Anno di pubblicazione: 2013

Tracce

01. Bella ciao  [trad.; arr. Luca Pesenti e A Brigà]
02. Tarantella resistente  [L. Pesenti, arr. A Brigà]
03. Proclama Badoglio dell'8 settembre
04. Canzone dell'8 settembre  [trad. arr. Alex Raso e A Brigà]
05. Radio Londra
06. Il bersagliere ha 100 penne  [anonimo; arr. L. Pesenti e Elena Duce Virtù]
07. Ohi partigian, non pianger più  [trad.; testo Giocondo Giacosa; arr. A Brigà]
08. Dai monti di Sarzana  [anonimo, arr. A. Raso e A Brigà]
09. Ribelli della montagna  [Angelo Rossi, Emilio Casalini, Carlo Pastorino; arr. A. Raso, A Brigà]
10. Pietà l'è morta  [anonimo; testo Nuto Revelli; arr. A Brigà]
11. Fischia il vento  [M. Blanter, Felice Cascione; arr. Fabio Pesenti e A Brigà]
12. Festa d'aprile + Valzer d'aprile  [Sergio Liberovici/Franco Antonicelli; arr. A Brigà + L. Pesenti; arr. L. Pesenti, A. Raso, E. Duce Virtù]
13. Valzer d'aprile e appello ai giovani di Sandro Pertini  [L. Pesenti; arr. L. Pesenti, E. Duce Virtù]



giovedì 4 aprile 2013

Ferdinando Molteni tra O'Carolan e Tenco







Musicista, giornalista professionista, scrittore di spettacoli teatrali e libri, ex assessore alla cultura del Comune di Savona. Ferdinando Molteni, cinquantunenne nativo di Finale Ligure, ha legato tutta la sua vita all'arte e alla comunicazione, in tutte le sue forme. Le ultime creature dell'ex "assessore rock", così soprannominato per aver contribuito in maniera decisiva a portare a Savona nomi di primo piano del panorama musicale internazionale, sono il disco strumentale registrato con l'Arethusa Consortium e il giallo scritto in coppia con Elena Buttiero, musicista molto apprezzata anche al di fuori dei confini nazionale e che per una volta ha lasciato da parte il pentagramma per dedicarsi al racconto e alla finzione.
Tra le opere più apprezzate di Molteni si possono ricordare il saggio dedicato a Fabrizio De André dal titolo "Controsole. Fabrizio De André e Creûza de mä" (edito da Arcana), il testo "La strana morte di un cantautore" per la trasmissione televisiva "Delitti rock" di Massimo Ghini andata in onda su Rai Due e lo spettacolo teatrale "Luigi Tenco. L'ultima notte" che ha debuttato a gennaio all'auditorium di Santa Caterina a Finalborgo.  
Di tutto questo abbiamo parlato con Molteni in questa intervista.    




Ferdinando, per te è un periodo ricco di impegni. Un disco, un libro, uno spettacolo su Tenco, tanti concerti e la direzione artistica di Pozzo Garitta, storico locale di Albissola…

"In effetti è così. E' un periodo intenso che forse porta a maturazione il lavoro fatto negli scorsi anni".

A fine 2012 è uscito il disco dell'Arethusa Consortium che ti vede impegnato insieme a Elena Buttiero e Stefano Tomasini. Come è nata l'idea di questo disco?

"E' nata dopo un bellissimo concerto fatto all'alba sulla spiaggia di Cesenatico davanti a più di cinquecento persone. Molti, alla fine del concerto, ci hanno chiesto se avevamo un disco da vendere. Non c'era. E così abbiamo deciso di pubblicarlo".

Perché avete deciso di interpretate brani di O'Carolan, il più grande compositore irlandese?

"O'Carolan è un vero ponte culturale, tra musica colta e popolare, tra Irlanda e Italia (era molto influenzato da Vivaldi, Corelli e Geminiani). Per alcuni anni abbiamo portato in giro uno spettacolo tutto incentrato sul compositore irlandese ed è stato naturale inserire qualche brano nel disco".

Cosa può trasmettere la musica irlandese al pubblico italiano?

"La consapevolezza che i confini tra musica colta e popolare sono davvero labili. E che facilmente si possono superare".

Nel disco compare anche una tua canzone, "Mandocello Lullaby", come è nata?

"Per caso, giocando con un mandoloncello costruito per me da Valerio Gorla. Pensavo ai miei bambini ed è nata una ninna nanna".

Nel disco suoni mandoloncello, mandola e chitarre. Quale di questi strumenti ti affascina maggiormente?

"Sicuramente il mandoloncello. E' uno strumento meraviglioso che proprio in questi anni sta vivendo la sua vera prima giovinezza. In passato era confinato nelle orchestre a plettro, oggi è uno strumento maturo e indipendente, grazie anche al lavoro di musicisti come Mike Marshall".

Tutti a Savona ti ricordano in prima fila nel corso di una indimenticabile stagione musicale che ha visto esibirsi in città Patti Smith, Sheryl Crow, Dee Dee Bridgewater, John Mayall, Rickie Lee Jones, Johnny Winter, Mercedes Sosa e tanti altri. Cosa è rimasto di quella stagione?

"La consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande per la città e gli appassionati di musica. Ma sono ottimista. Quei tempi torneranno".

"Luigi Tenco. L'ultima notte" è invece il titolo dello spettacolo teatral-musicale che hai scritto e che ha fatto sempre il tutto esaurito in questi mesi. Ce ne parli?

"E' nato da una richiesta dell'attore Roberto Tesconi, che voleva a tutti i costi diventare Tenco sulla scena. Mi occupo di questo cantautore da molti anni - avevo scritto, qualche anno fa, un testo per Massimo Ghini utilizzato nella trasmissione "Delitti rock" proprio dedicata a Tenco - e così è stato naturale per Tesconi coinvolgermi. E' stato un lavoro entusiasmante e, almeno in fase di scrittura, anche doloroso. Ho immaginato l'ultima ora di vita di Tenco, chiuso nella stanza 219 del'Hotel Savoy di Sanremo. In quell'ora Tenco ripercorre alcuni episodi della sua vita e lo fa, spesso, con le sue parole autentiche, ricavate da interviste e lettere".



Infine, in ordine di tempo, è arrivato in libreria "Il trillo del Diavolo", scritto con Elena Buttiero. Dalla musica al giallo, un passo che potrebbe sembrare azzardato ma che è pienamente riuscito. Quando è nata l'idea di scrivere questo libro?

"E' nata durante una vacanza in Grecia con Elena. Siamo appassionati di gialli e di musica. Così abbiamo immaginato una storia che mettesse insieme questi due aspetti. C'è molta musica dentro: classica (Tartini e Vivaldi), jazz (Miles Davis), pop rock (Robert Wyatt), canzone d'autore (De Gregori) e c'è un ritratto della nostra città, Savona, che spero piacerà ai savonesi. Ecco, il libro è soprattutto un tributo alla nostra città".

Hai qualche altro sogno nel cassetto da realizzare?

"Nei prossimi mesi vorrei mettere mano a un disco di mie canzoni. Scrivo da molti anni ed ho i cassetti pieni di testi e musiche. Ne sceglierò nove, questo l'ho già deciso, e le registrerò. Vorrei fare un disco acustico e low-fi. Per me soprattutto. Per fare punto e a capo di un percorso di scrittura molto intimo e personale".

Vorrei, infine, che rispondessi alle dieci domande secche.

- Vicoli o piazze? Vicoli. Amo il silenzio.
- Elefante o giraffa? Elefante. Più lento e rassicurante.
- Metallo o legno? Legno. Non riuscirei a suonare uno strumento di metallo. A parte, forse, il dobro.
- Dialetto o italiano? Italiano. Lingua meravigliosa, che unisce e che può dire tutto.
- Bob Dylan o Abba? Questo è un colpo basso. Dovrei dire Dylan per fare bella figura. Comunque a Stoccolma ho costretto Elena a un pellegrinaggio sui luoghi degli Abba. E si è pure divertita. Diciamo Dylan per il giorno e Abba per la notte.
- Parola scritta o parola raccontata? Parola scritta. Sento ancora il piacere fisico della lettura.
- Vino o birra? Birra. Possibilmente d'abbazia.
- Muscle Shoals Sound Studio o Abbey Road Studios? Abbey Road. E non dico altro.
- Treno o pullman? Pullman. Si vede meglio il paesaggio.
- Panissa o farinata? E' la domanda più difficile. Tenderei a dire panissa.