mercoledì 18 marzo 2015

"Voodoo Boogie" il piano blues di Henry Carpaneto





«Sono stato sui palchi per cinquant'anni e ho suonato con molti musicisti; Henry, che mi piace chiamare "Cool Henry Blues", ha una grande capacità e un grande talento!». Il settantaduenne chitarrista Bryan Lee introduce con queste parole Henry Carpaneto, eclettico pianista e organista ligure che ha da poco pubblicato il suo primo album, intitolato "Voodoo Boogie". Carpaneto, già componente della band di Guitar Ray, è da anni tra i più apprezzati musicisti in ambito blues a livello europeo e statunitense. Capacità e talento che lo hanno portato a collaborare con grandi nomi del panorama nazionale e internazionale come Jerry Portnoy, Big Pete Pearson, Keith Dunn, Sonny Rhodes, Paul Reddick, Fabio Treves e Deitra Farr. E con Bryan Lee con cui, recentemente, ha girato gli States e si è esibito al prestigioso Jazz Festival di New Orleans.
Il celebre chitarrista, originario del Wisconsin ma da molti anni residente a New Orleans, ha dato un importante contributo firmando molti brani presenti sul disco e partecipando in veste di chitarrista e cantante. Il piano e l'organo Hammond di Carpaneto, a volte al centro della scena in altre occasioni più nascosti a disegnare passaggi di grande gusto, sono protagonisti con classe senza essere mai invadenti. L'impatto sonoro in alcuni episodi è energico e brioso, in altri è di cornice.
Le restanti tracce del disco sono classici come "Steady rolling" di Memphis Slim, "Rock me baby" di B.B. King, "Caldonia" di Louis Jordan e "One room" di Mercy Dee Walton. 
Ad arricchire ulteriormente il disco è la presenza di due ospiti prestigiosi come il chitarrista Otis Grand, che considera Carpaneto il miglior pianista del vecchio continente, e Tony Coleman, già a fianco di B.B. King, Buddy Guy, Albert King e di altri mostri sacri del blues. Nella sala di registrazione della OrangeHome Records Carpaneto è stato affiancato da un trio formato dal batterista Andrea Tassara, dal sassofonista Paolo Maffi e dal contrabbassista Pietro Martinelli
Nell'intervista che segue Carpaneto ha raccontato la genesi del suo primo disco.

 


Henry, per te è un momento ricco di novità e soddisfazioni. Da poco è uscito il disco di Guitar Ray in cui ancora una volta il tuo apporto musicale è stato fondamentale, poi hai collaborato all'album di Nima Marie e adesso "Voodoo Boogie", il tuo disco d'esordio…

«Come dici tu è sicuramente un bel periodo! L'esperienza con i Gamblers è stata fondamentale per la mia formazione. Solo recentemente le strade si sono divise: avevo voglia di esplorare e tuffarmi completamente in un'esperienza "pianistica" sicuramente influenzata dall'ultima tournée che si è sviluppata tra New Orleans e Memphis. Arrivare nella terra di Professor Longhair, James Booker e Fats Domino ti responsabilizza e i dubbi e le perplessità sulle scelte artistiche svaniscono come per magia. Capisci esattamente cosa devi fare, vedi la strada da percorrere, tutto diventa più chiaro.
Nima? Mamma mia che brava! E non avete ancora visto niente. Ha un potenziale incredibile. Lei completa perfettamente il mio progetto».

Non posso non chiederti come è nato questo disco…

«"Voodoo Boogie" è stato un regalo di Bryan Lee. Non era stato concordato. Durante il tour avevamo tre giorni off e lui mi ha detto: ‹Andiamo in studio... Vorrei registrare un piano voce alla vecchia maniera, buona la prima e vediamo cosa succede›. Mi sono trovato in questo studio a New Orleans e Bryan mi ha dato un cd di Memphis Slim. Me lo ha fatto ascoltare tutto e poi mi ha detto: ‹Let's go›. E siamo partiti. Alla fine mi ha fatto dono delle tracce e negli studi della OrangeHome Records abbiamo completato il lavoro introducendo contrabbasso con Pietro Martinelli, batteria con Andrea Tassara e sax con Paolo Maffi. Dopo di che il colpo di scena. Per avere un parere tecnico ho mandato un brano a Otis Grand, col quale ho avuto l'onore di suonare per tredici anni, e si è offre per farmi le chitarre su qualche pezzo. Non contento ha coinvolto Tony Coleman, batterista di B.B. King. Grazie a Otis ho avuto la possibilità di suonare anche con lui a un festival ad Alessandria. Essere sul palco con entrambi e suonare "Sweet little angel" sicuramente ti fa girare la testa».

Come è stato girare gli States suonando con Bryan Lee?

«Suonare con Bryan Lee al Jazz Festival a New Orleans, suonare in Bourbon Street, girare gli States, presenziare ai Blues Memphis Awards - Bryan era invitato in quanto in nomination per essere tra i guests nel cd di Kenny Wayne Shepherd - conoscere Matt "Guitar" Murphy, parlare di musica con lui come se ci conoscessimo da sempre, rappresenta semplicemente un sogno che diventa realtà. Anzi, nei miei sogni mostruosamente proibiti, non mi ero spinto così avanti…».

Collaborerai nuovamente con Bryan Lee?

«Ho sentito recentemente Bryan e proverà a portare il cd ai Blues Memphis Awards. Secondo lui ci sono buone probabilità. Fingers crossed».

Il pubblico americano del blues in cosa differisce da quello italiano?

«Purtroppo il pubblico italiano conosce poco il blues. Dai mass media poco è concesso, se non nulla. Manca la cultura all'ascolto di un genere musicale che ha creato nel tempo tutti gli altri. L'unica fortuna è che oggi grazie ad internet tutto il materiale è rintracciabile e fruibile in un click, cosa che fino a qualche anno fa era impensabile. La differenza quindi tra pubblico americano ed italiano sta proprio nella storia vissuta dell'uno e nel lento recupero e autodidatta dell'altro. Però stiamo recuperando».

Bryan Lee ti ha soprannominato Cool Henry Blues; per Jerry Portnoy sei il suo Piano Man; Otis Grand ha detto che sei uno dei migliori pianisti blues in Europa. Complimenti da montarsi la testa…

«I complimenti fanno sicuramente piacere. Siamo appena partiti e la strada è lunghissima. Quindi piedi ben piazzati per terra, lavoriamo duro, "studio matto e disperatissimo"».

Nel disco suonate anche quattro cover. Quale ti ha emozionato di più e perché?

«Sicuramente "One room country shack". C'è anche un aneddoto carino su quel pezzo. Bryan mi ha fatto ascoltare la versione di Memphis Slim e mi ha detto: ‹Prova a prendere questo feeling›. Allora ho ascoltato e riascoltato il brano, ho provato a mettere le mani sul piano ehhh... non veniva proprio. Allora l'ho riascoltata e ho fatto diverse volte avanti e indietro tra la regia e la sala di presa per riascoltare l'originale, cercare di cogliere quel "respiro" e provare allo stesso tempo a buttare giù alcune idee. A un certo punto ho chiesto al tecnico di farmi ascoltare la canzone e dopo alcuni secondi gli ho detto: ‹…no, non voglio riascoltare il cd, voglio sentire la mia traccia›, e lui ‹guarda che sei tu…›. E in quel momento un po' mi sono "gasato"…».

Suggeriamo a chi ha il piacere di ascoltare "Voodoo Boogie" di non togliere il cd dopo "Blind man love" perché c'è ancora una piccola gustosa sorpresa. Perché hai voluto inserire questa piccola ghost track?

«Abbiamo voluto inserirla come mio modestissimo tributo al New Orleans style, con un riferimento all'inno di New Orleans "Tipitina" di Professor Longhair».

Qual è l'aspetto che preferisci nel suonare il piano o le tastiere all'interno di un gruppo?

«Facendo il gioco delle similitudini mi piace pensare la band come una macchina e gli strumenti le varie parti. Il batterista è il motore. Un buon batterista cambia il suono alla band. Il cantante è il pilota. Il piano rappresenta il gas. Si pone esattamente nel mezzo tra leader e motore. Se tutti in sintonia le sensazioni sono uniche».

Quanto è attuale il blues oggi in Italia e all'estero?

«Sicuramente all'estero (Europa) il blues è più conosciuto. Ci sono più spazi per suonare e manifestazioni ufficiali. A breve sarò in tour in Europa con un artista americano e i concerti si faranno dal lunedì alla domenica. In Italia manca un po' la cultura di andare ad ascoltare le band live. La nota positiva però è questa: quando per caso il pubblico italiano si trova di fronte ad una buona blues band ne rimane estasiato, finalmente colma quel vuoto che aveva dentro e comincia a fare ricerche e lo ritrovi ai concerti».

Jimi Hendrix disse ‹Il blues è semplice da suonare, ma difficile da provare›. Cosa ne pensi di questo frase?

«Secondo me suonare non è facile. Non esiste una musica facile. È facile "strimpellare". Essere comunicativi è difficile. Trasmettere emozioni suonando è difficile. Penso che il grande Jimi si riferisse a questo. Suonare in pubblico è una responsabilità. Si è paladini in quel momento di un messaggio. Se si suona in pubblico solo per gratificare il proprio ego, non si è capito nulla».




Titolo: Voodoo Boogie
Artista: Henry Carpaneto
Etichetta: OrangeHome Records
Anno di pubblicazione: 2014

Tracce
(musiche e testi di Bryan Lee, eccetto dove diversamente indicato)

01. Drinking & thinking
02. My brain is gone
03. One room  [Mercy Dee Walton]
04. Angel child
05. Welfare woman
06. Steady rolling  [Memphis Slim]
07. Caldonia  [Louis Jordan]
08. Mambo mamma
09. Turn down the noise
10. Dog & down blues
11. Rock me baby  [B.B. King]
12. Blind man love



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