C'è sempre una fine ma quando arriva troppo presto si rimane spiazzati. La decisione della faentina Simona Darchini, classe '87, di dare un taglio al passato e chiudere l'avventura targata Simona Gretchen, dopo solo due dischi, arriva inaspettata. Anche perché "Gretchen pensa troppo forte", album d'esordio uscito nel 2009, era finito sotto i riflettori della critica specializzata e il successivo "Post-Krieg", uscito a febbraio di quest'anno, ha dato ulteriore credito a questa artista. "Post-Krieg" è un disco cupo dove la luce entra di rado, fatto di canzoni spesso legate tra loro, con echi che rimandano al prog e al krautrock ma anche pieno di idee e soluzioni che ne fanno uno dei dischi più interessanti dell'anno. Otto tracce che danno uno schiaffo forte a tutta quella produzione fotocopia, senza idee e senza nerbo, che sta soffocando il panorama musicale italiano.
L'ispirazione, l'energia e il carisma a Simona, Gretchen o Darchini che chiamar si voglia, non mancano ed esplodono dirompenti in questi ventisei minuti di musica, emozioni, allucinazioni e cadute agli inferi. Un lavoro a tratti anche scomodo ma che non cade, fortuna vuole, in certo intellettualismo fine a se stesso. Un epitaffio artistico, scritto con lucida disperazione, che chiude un ciclo di crescita personale. Cosa riserverà il futuro non è dato saperlo. Addio Simona Gretchen, benvenuta Simona Darchini.
"Post-Krieg" è il tuo secondo album, l'ultimo di Simona Gretchen. Un disco che resterà, alla faccia della produzione usa e getta che imperversa in questi anni. Diverso per certi aspetti, molto meno cantautorale rispetto al tuo album d'esordio…
«Sono d'accordo. Molto diverso, nella sua genesi, nei riferimenti musicali e letterari, negli arrangiamenti e nelle atmosfere. Decisamente più cupo, pesante e "denso", più compatto a livello sonoro e contenutistico, meno sognante».
Perché finisce l'esperienza di Simona Gretchen?
«Perché il fine dell'esperienza Simona Gretchen era "Post-Krieg"».
Dopo un disco come questo viene naturale chiederti di ripensarci…
«Non penso ci sia qualcosa che possa farmi cambiare idea».
Cosa c'è allora nel futuro di Simona Darchini?
«Molto studio. E non parlo di musica. Continuerò poi a occuparmi della Blinde Proteus. Non so
ancora se prenderò in futuro parte a qualche altro/a progetto/band. Non ho le idee chiare in proposito, né ho fretta di prendere decisioni. In ogni caso non si tratterebbe in nessun modo di una prosecuzione dell'esperienza "Simona Gretchen"».
Il disco si apre con un intro declamato da una voce femminile in tedesco che lancia l'ascoltatore verso un mondo fatto di oscurità, condito da brani a cadenza marziale e ritmi ipnotici. L'idea del conflitto è evocato alla perfezione ma quale guerra racconti?
«Quella dei "princìpi", in senso artaudiano. Il conflitto interiore di chi è scisso fra nature opposte. I concetti chiave dell'album sono senza dubbio questa "guerra dei princìpi" e il concetto di "fine", in senso lato. Il fatto stesso si tratti dell'ultimo album di Simona Gretchen non è scollegato rispetto a questi aspetti».
Morte e desolazione o rinascita e vigore nel tuo dopoguerra?
«Hai mai visto un dopoguerra che non faccia rimpiangere la guerra? Io sono a pezzi, ma non me ne curo: niente è per sempre. Non credo nelle rinascite, ma credo (ci) si possa migliorare. Le terre desolate sono forse il miglior luogo tanto per spegnersi quanto per ri-programmarsi».
Quali sono stati e come hanno contribuito i tuoi compagni di viaggio alla nascita di questo disco?
«Il disco è stato registrato al Lotostudio, di Gianluca Lo Presti. Paolo Mongardi ha arrangiato e registrato le parti di batteria, Nicola Manzan ha arrangiato e registrato gli archi di "Enoch" e "Everted (part II)", Sabina Spazzoli, attrice/regista teatrale, ha prestato la voce agli inserti di "In" e "Everted (part III)" in lingua tedesca, Silvia Valtieri, che mi accompagna anche nei live, ha registrato le parti di pianoforte, e Lorenzo Montanà, oltre ad aver registrato alcune tracce di chitarra, ha curato la produzione artistica dell'album».
"Post-Krieg" si chiude con le tre parti di "Everted", una mini suite che rimanda a certo rock progressive…
«È una "discesa" finale, una suite tripartita che racchiude, in un certo senso, la chiave del disco. "Everted" procede dall'esterno verso l'interno (il mio), e, come suggerito dal titolo, fa riferimento al concetto di "estroflessione". Certi progressive e kraut rientrano nelle influenze dell'album, e la trilogia "Everted" è la parte del disco in cui emergono maggiormente».
"Post-Krieg" è un disco di breve durata rispetto a quasi tutte le produzioni attuali che superano abbondantemente l'ora. Penso che sia però al passo con la frenetica società attuale, cosa ne pensi?
«La mia esigenza era di tagliare tutto ciò che potesse risultare superfluo. Per questo i tempi della stesura iniziale sono stati irrisori rispetto alla fase di elaborazione successiva. Almeno metà del 2012 è volata via rimaneggiando il disco. Togliendo, ben più che completando».
Nel 2010 sei stata inserita nel doppio cd "La leva cantautorale degli anni zero" con la canzone "Krieg". Qual è il rapporto tra quella canzone e il tuo ultimo disco?
«Mentre scrivevo "Krieg" avevo già un'idea embrionale di "Post-Krieg", mi riferisco qui al disco, non alla traccia omonima. Intitolare così quel brano era una sorta di gioco concettuale: un disco intitolato "Post-Krieg" sembrerebbe consequenziale ad un brano, precedentemente pubblicato, intitolato "Krieg"... In realtà era "Krieg" a far riferimento a "Post-Krieg", benché l'album non fosse ancora stato scritto».
Cosa è rimasto di quella leva cantautorale?
«In me poco, sto guardando da un'altra parte. Già allora stavo guardando altrove, tant'è che in testa avevo quest'ultimo disco, che di cantautorale non ha praticamente nulla».
Con "Gretchen pensa troppo forte" sei finita sotto la luce dei riflettori, hai ricevuto riconoscimenti e critiche molto positive. Come consideri, alla luce delle esperienze fatte in questi anni, il tuo disco d'esordio?
«Vorrei non averlo pubblicato. Non così, se non altro. Ci sono una serie di cose che non ho curato come avrei voluto. Alla fine ne è uscito qualcosa che molti hanno apprezzato, ma che non realizza il suo potenziale, e che, di fatto, non mi convince. Sbagli miei, si intende, senza voler dare colpe a nessun altro. Discorso opposto potrei fare per "Post-Krieg", di cui sono fiera e a cui potrò pensare con soddisfazione anche in futuro».
In questo arco di tempo hai dato vita anche a una tua etichetta. Perché questa scelta e quali sono i tuoi progetti?
«Blinde Proteus è nata nel 2012, ma nella mia testa molto prima. Ho coinvolto musicisti che stimo particolarmente, che spesso conosco di persona. L'idea è di lavorare a progetti in cui credo totalmente, su dischi cui tengo come fossero miei. Questo crea i presupposti per dedicarle tempo e un certo entusiasmo. Si occupa soprattutto di derive, preferibilmente sperimentali, di hardcore/post-core/stoner/post-jazz/psichedelia».
Pensi che ci sia abbastanza follia nei musicisti moderni?
«Mi piacerebbe vederne molta di più. Mi piacerebbe incontrare più gente sopra le righe, e più dischi in grado di lasciare un segno, anche se piccolo, invece di album in serie di cui spesso si conoscono perfettamente in anticipo riscontri e pubblico di riferimento. Sui palchi vorrei più sciamani e meno musicisti-contabili. A te piace il fatto che l'indie italiano stia diventando quello che, sociologicamente, hanno rappresentato i programmi TV a partire dagli anni Ottanta? I più si stanno lasciando convincere che una cosa di cui si parla molto debba per forza essere anche degna di interesse. Artisti e operatori culturali non dovrebbero dissociarsi rispetto a questo stato di cose, o per lo meno fare il possibile per produrre antidoti? Le schegge impazzite potrebbero essere i migliori anticorpi rispetto a quel livellamento di gusto/interesse di cui la rete stessa è risultata, a conti fatti, tutto meno che una cura. Credo servano, allo stesso tempo, più follia e più consapevolezza».
A ottobre si è celebrato il Premio Tenco, cosa ne pensi di questa rassegna e in generale dei concorsi?
«Del Premio Tenco ho solo sentito parlare. Risponderei senza cognizione di causa, in quanto non ho mai vissuto dall'interno la rassegna, né ho potuto assistervi. Ammetto, rispetto invece ai concorsi che ho visto da vicino, di non conservare i migliori ricordi».
Titolo: Post-Krieg
Artista: Simona Gretchen
Etichetta: Disco Dada/Blinde Proteus
Anno di pubblicazione: 2013
Tracce
(testi e musiche di Simona Gretchen)
01. In
02. Post-Krieg
03. Hydrophobia
04. Enoch
05. Pro(e)vocation
06. Everted (part I)
07. Everted (part II)
08. Everted (part III)
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