Massimiliano Cremona torna sulle scene con "L'inverno è passato". Il disco, pubblicato dall'etichetta New Model Label curata dal discografico Govind Khurana, è stato registrato con la collaborazione di Giuliano Dottori e ci regala dieci tracce all'insegna della canzone d'autore intimista in una dimensione elettro-acustica. Per il cantautore di Verbania si tratta del secondo lavoro a suo nome dopo l'album di debutto "Canzoni nella nebbia" (autoproduzione 2015) e diverse esperienze in formazioni del lago Maggiore come i Semadama (rock alternativo), Il Vile (stoner rock) e Los Borrachos (rock'n'roll). "L'inverno è passato" è un progetto molto personale che racconta di un passaggio, di una crescita e di una nuova primavera. La voglia di lasciarsi alle spalle una "stagione fredda", di rendere omaggio ad alcune persone che hanno segnato la sua vita e di metabolizzare la perdita di alcune di esse sono raccontate e cantate con maestria e con un tocco molto personale. Un disco interessante, ben confezionato e che acquista spessore nel corso degli ascolti.
L'album è stato in parte registrato a Milano allo Jacuzi Studio di Dottori, prodotto e arrangiato da Marco "Kiri" Chierichetti e masterizzato a Nashville da Steve Corrao. A completare l'organico dei musicisti che hanno partecipato alla registrazione, oltre a Marco "Kiri" Chierichetti (flauto traverso, armoniche, effetti sonori), troviamo Enrico Sempavor Gerosa (cori), Alberto Fabbris (chitarra elettrica e banjo), Andrea Polidoro (basso elettrico), Sergio Polidoro (batteria).
Con Massimiliano Cremona abbiamo approfondito alcuni aspetti del suo nuovo lavoro.
Massimiliano, "L'inverno è passato" è un titolo che può avere tanti significati. Qual è quello che dai al tuo disco?
Massimiliano, "L'inverno è passato" è un titolo che può avere tanti significati. Qual è quello che dai al tuo disco?
«L'inverno a cui alludo è una stagione dell'anima. Con questo titolo, e con le canzoni che sono contenute nel disco, voglio comunicare che una mia personale stagione fredda, di distacco, è passata, me la sono lasciata alle spalle. Spero di non sbagliarmi!».
Con alcune delle canzoni che compongono il disco sembra che tu voglia mettere al loro posto tessere di un tuo personale mosaico emozionale...
«Sì, è proprio così. Finora per me la musica ha avuto un significato molto personale. Mi serve proprio per manifestare le mie emozioni, in primo luogo a me stesso e poi agli altri. Per cui è terapeutica. Se con il primo disco, "Canzoni dalla nebbia", l'attenzione era centrata molto su me stesso, con questo secondo album ho voluto parlare invece di persone importanti e del mio rapporto con loro. O, più precisamente, delle mie emozioni nei loro confronti. Che è ovviamente ancora un contenuto molto personale, ma, come dire, rispetto al primo disco "il cerchio" si è allargato, lo sguardo comincia a spostarsi verso l'esterno».
Ma è anche un disco di ripartenze e rinascite. Come quando canti ‹Sento le ali che si aprono in volo e comunque riprendo a guardare al domani›…
«Sì. Spesso molti artisti hanno "un tema cardine" che ritorna in molte loro composizioni. Il mio è probabilmente proprio la ripartenza e la rinascita dopo un periodo di difficoltà».
In questo progetto ti sei avvalso della collaborazione con Giuliano Dottori. Come è nata e quale è stato l'apporto che ha dato al tuo progetto discografico?
«Avevo visto Giuliano in concerto, mi era piaciuto molto e mi ero documentato su di lui. Avevo scoperto che ha uno studio di registrazione e ne avevo parlato con Kiri (Marco Kiri Chierichetti, ndr), il produttore artistico dei miei due dischi. Abbiamo preso la decisione di registrare voci, chitarre acustiche e fiati da Giuliano e si è rivelata una scelta estremamente felice. Giuliano è simpatico, competente e molto preparato, abbiamo trovato un clima ottimale per lavorare. Inoltre ha voluto partecipare attivamente in alcuni brani, soprattutto nella canzone "Veloce" che lo ha colpito e di cui si è preso particolare cura, emozionandomi molto. Ma gli interventi diretti di Giuliano – cori, chitarre elettriche, basso – e i suoi consigli hanno fatto fare un salto di qualità anche a diversi altri brani».
Musicalmente il disco è molto eterogeneo. Diversi colori e strumenti dipingono un affresco molto gradevole. Questa condizione è anche sinonimo di una tua maggiore consapevolezza artistica?
«Questa eterogeneità è in gran parte frutto di un lavoro di squadra. Del confronto tra me e Kiri, innanzitutto, in quanto abbiamo lavorato molto sugli arrangiamenti. Ma più in generale tutti i musicisti coinvolti hanno dato un contributo determinante in questo senso. Gli episodi più acustici ("Canzone per un amico", "Sospetti", "Veloce", "Ninna nanna per Massi e i suoi amici") riflettono maggiormente il mio gusto e sono più vicini all'ideazione originaria dei brani. Kiri, in veste di arrangiatore, ha potuto esprimersi maggiormente nei brani elettrici: "Disincanto", in particolare, riflette il suo grande amore per gli anni Settanta. I suoi flauti e le sue armoniche, poi, aggiungono molte emozioni ai brani. I cori di Enrico Gerosa, d'altro canto, danno sempre una grande svolta ai brani (basti ascoltare "La spiegazione" e "Disincanto"), mentre il banjo di Alberto Fabbris ha letteralmente fatto "decollare" il brano "La spiegazione". I fratelli Andrea e Sergio Polidoro sono poi una solida e spumeggiante sezione ritmica e il loro apporto è stato fondamentale per far quadrare al meglio tutto il disco».
Dicono che scrivere il secondo album sia molto più difficile del primo. Per te come è stato?
«Beh, è stato più impegnativo perché io e Kiri abbiamo voluto ottenere il meglio. Io desideravo fare un salto di qualità rispetto al primo album, in termini di ambizione del disco: una scaletta più lunga, registrare al di fuori di Verbania, puntare un po' di più sulla promozione e sulla visibilità del prodotto. Kiri, di contro, ha spinto per far evolvere il progetto in chiave elettrica, consentendoci di esprimerci in maniera differente, più articolata rispetto al passato. Il risultato è ottimale, ne siamo fieri e soddisfatti».
Quali sono le differenza sostanziali tra "L'inverno è passato" e il precedente "Canzoni dalla nebbia"?
«L'evoluzione da una dimensione acustica ad una elettrica. Da artista quasi solitario ad essere una band di sei elementi. La spinta centrifuga dei contenuti, che si allargano alle persone a me care. Il sopraggiungere di momenti sereni e maggiormente ariosi».
In "Aria e acqua" traspare evidente il tuo amore per gli Afterhours. Cosa ha rappresentato per te questo gruppo?
«Il primo amore in lingua italiana. Dopo essere cresciuto con il rock inglese e americano, sono stati il primo gruppo a coniugare sonorità a me gradite con testi in italiano. Rock e ballate, la voglia di scavare nel malessere degli ultimi decenni. Sperimentazione sonora e orecchiabilità. Ancora oggi, a ogni album spingono un po' più in là i loro limiti».
In "Veloce" canti di un addio ispirandoti alle atmosfere anni '70. Cosa ti piace artisticamente di quel periodo?
«Beh, ciò che piace a molti, credo. L'affermazione dell'hard rock, l'alternanza tra brani potenti e atmosfere acustiche, i suoni, l'importanza guadagnata dalla chitarra elettrica, i capelli lunghi, un sogno di evasione da una cultura tradizionale».
Una ventata di energia elettrica arriva da "Sospetti", un tema che necessita di vigore, anche musicale…
«Per molti anni sono stato un chitarrista rock, nei Semadama, ne Il Vile, nei Los Borrachos. Qui ho ritrovato il piacere di collegare la chitarra elettrica a un amplificatore valvolare. E, appunto, il brano richiedeva quel tipo di rabbia».
Facciamo un passo indietro. Come hai cominciato a suonare e a scrivere canzoni?
«Ho iniziato abbastanza tardi a suonare la chitarra, verso i 18 anni. È diventata subito una fedele compagna, una alleata. Ma, nel mio caso, la musica trova il proprio complemento nelle parole. La musica distende il tappeto, prepara il contesto emozionale che le parole riempiono, completano. Ho sempre scritto. La differenza sta tra il tenere le cose per sé o decidere invece di proporle agli altri».
Oltre al disco, in questi mesi hai curato anche la realizzazione del libro "Camminare guarisce", scritto dall'amico Fabrizio Pepini. Ce ne vuoi parlare?
«La cosa più bella che mi è capitata negli ultimi anni è stato incontrare i "Cavalieri Stanchi", un gruppo di amici e camminatori che ho conosciuto in Sardegna nel 2014, di cui Fabrizio era ed è la guida. La sua è una storia incredibile, che colpisce nel profondo. Dopo aver scoperto di avere una malattia incurabile, ha lasciato il lavoro e ha cominciato ad affrontare numerosi cammini (dieci volte Santiago, la Via Francigena dalle Alpi alla Puglia, ecc.) e la malattia si è arrestata. Il cammino è diventata la sua terapia. Ma, soprattutto, lo ha cambiato profondamente a livello interiore. Fabrizio ha maturato una grande saggezza, il libro "Camminare guarisce" raccoglie la sua testimonianza e sta aiutando molte altre persone a ritrovare la voglia di vivere, a non arrendersi, ad affrontare il presente con speranza e fiducia. Sono felice di aver contribuito alla realizzazione di questo progetto».
Titolo: L'inverno è passato
Artista: Massimiliano Cremona
Etichetta: New Model Label
Anno di pubblicazione: 2016
Tracce
(testi e musiche di Massimiliano Cremona)
01. Aria e acqua
02. La spiegazione
03. Canzone per un amico
04. Con incanto ed ossessione
05. L'inverno è passato. A Sissi
06. Vuoto
07. Disincanto
08. Sospetti
09. Veloce
10. Ninna nanna per Massi e i suoi amici
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