Un viaggio in Australia e Nuova Zelanda ti può cambiare la vita. Lo ha capito anche il cantautore riminese Luca Casali che in Oceania non ha fatto solo il turista ma ci ha vissuto per un po' di anni durante i quali ha preso confidenza con l'ambiente e la natura, ha conosciuto luoghi e persone e si è innamorato della musica australiana di Xavier Rudd e John Butler. Tornato a casa, nella riviera romagnola, Casali si è inserito nella scena musicale locale stringendo collaborazioni con diversi artisti e nel 2013, insieme alla The Roots Band composta da Eros Rambaldi e Stefano Cristofanelli, ha iniziato le registrazioni, al Teatro Corte di Coriano, delle canzoni del suo primo album, "Time to smile", che ha visto la luce l'anno seguente. Dagli anni passati in Australia Casali ha portato con sé atmosfere, esperienze, paesaggi e l'amore per la chitarra Weissenborn, strumento caratterizzato da una cassa piccola ma con il manico quadrato vuoto e dotato di una voce melodiosa ed evocativa.
Il tutto è andato a comporre i nove brani inediti, tutti suonati con strumentazione acustica, che fanno viaggiare l'ascoltatore verso luoghi lontani, a contatto diretto con la natura. Canzoni che per atmosfere fanno pensare a nottate passate a suonare davanti a un falò, magari in riva all'oceano, con amici in un clima di serenità.
Nel disco brani energici dalle influenze rock e blues si alternano a ballate più intime e introspettive. Anche i testi scritti da Casali fanno parte di un percorso che prende il via dalla descrizione dell'ipocrisia della società e dei suoi sistemi per poi arrivare a una visione più distesa e in pace con il mondo, in attesa di una nuova primavera.
Luca Casali è il protagonista dell'intervista che segue.
Luca, il tuo disco si intitola "Time to smile" ma sei proprio sicuro che sia tempo di sorridere?
«"Time to smile" vuole regalare una visione positiva per il prossimo futuro, vuole essere un traino per tirarci fuori da questo periodo di staticità sociale. Personalmente il titolo del disco si riferisce anche ad un cambio decisivo di direzione della mia vita».
Prima di pubblicare il tuo album d'esordio hai passato diversi anni in Australia e Nuova Zelanda. Cosa ti ha lasciato questa esperienza nella tua visione della vita e della musica?
«Gli anni trascorsi in quelle terre così lontane ed affascinanti mi hanno decisamente segnato e cambiato in maniera radicale. Mi hanno fatto prendere pienamente coscienza di me stesso e di quello che sto cercando. Non solo i luoghi ma anche le persone e le diverse culture con cui ho avuto contatto. È come aver avuto la possibilità di guardare la mia vita ed il mio percorso dall'esterno, un privilegio unico. La musica è la risultante di tutto ciò, la manifestazione esteriore, pubblica».
Dal momento che hai vissuto in quella terra lontana e così affascinante mi viene da chiederti se ti senti più in sintonia con la musica di Xavier Rudd o con quella di Nick Cave?
«Mi sento più in linea con la musica e le sonorità di Rudd, sia per i testi che per l'uso della chitarra Weissenborn. Inoltre le tematiche affrontate da Rudd, quali il legame con la terra, la tutela e la salvaguardia dell'ambiente e la ricerca di una visione positiva del mondo, sono idee che condivido pienamente, in parte anche nei miei brani. Cave, pur essendo un artista indiscusso ha sonorità più cupe e grottesche, affronta tematiche diverse quali il ruolo del divino nella vita dell'uomo descrivendo l'angoscia esistenziale e l'amore perduto. Quindi pur provenienti dalle stesse terre mostrano peculiarità, a mio avviso, molto diverse».
Se non avessi vissuto in Australia la tua musica cosa sarebbe ora?
«Devo molto a quella esperienze e così anche la mia musica. Quegli anni mi hanno aiutato inconsapevolmente a maturare anche dal punto di vista artistico. Senza, forse, non saremmo qui a parlare di "Time to smile"».
Le canzoni del disco portano lontano ma puntano forse più verso un certo folk-blues americano. Mi sbaglio?
«Hai ragione, la matrice fondamentale rimane quella del folk-blues americano ma con l'utilizzo delle percussioni e del contrabbasso il sentiero prende una via diversa, direzione emisfero sud. Quindi le sonorità si addolciscono e diventano più ritmate».
Ascoltando il disco nella sua interezza sembra di percorrere una strada che da ripida e difficile, canzone dopo canzone, diventa più agevole fino a "Spring time" che chiude il tuo lavoro…
«Si parte descrivendo l'ipocrisia della società e dei suoi sistemi, la necessità vitale di un respiro diverso, la ricerca e l'intreccio con la natura più selvaggia, per poi passare e trasformare l'energia in immagini più distese come in un tacito accordo raggiunto con il mondo. Esattamente un personale percorso che si rispecchia anche nella musica».
In questo progetto sei accompagnato dalla Roots Band. Ce la presenti?
«Eros Rambaldi suona il contrabbasso ed è un bravissimo musicista che ha dato un notevole valore aggiunto ai brani grazie alle sue capacità e intuizioni musicali. Stefano Cristofanelli è un percussionista eclettico che riesce a trasmettere ai suoi strumenti musicali la sua passione per la musica».
Perché hai scelto di scrivere in inglese e soprattutto perché non hai allegato al cd un libretto con i testi?
«La scelta della lingua inglese e stata dettata dal luogo dove questi brani sono nati o comunque si sono ispirati, quindi mi sembrava coerente usare questa lingua. Secondariamente, forse, il genere musicale si sposa meglio con la lingua inglese, ma questo non esclude la possibilità che ci possano essere successivi lavori in italiano. Per quanto riguarda il libretto posso dire che non è stato allegato per questioni tecniche. Ci sarebbe voluto un po' più di tempo ed era troppa la voglia di far uscire il disco prima possibile».
Non credi che la scelta di usare essenzialmente strumenti acustici possa in qualche modo limitare le tue possibilità espressive?
«È vero, in qualche modo gli strumenti acustici possono limitare le scelte sonore ma questo disco è nato così, cantato sulla sabbia, in spiaggia, magari davanti ad un falò e sono queste le sonorità e le immagini che volevamo trasmettere».
Penso che ci siate riusciti molto bene. Tra gli strumenti usati spicca la chitarra Weissenborn, uno strumento dal suono melodioso che conosciamo bene per averla vista suonare anche da Ben Harper. Dove l'hai scovata e cosa ti dà questa chitarra?
«La Weissenborn è uno strumento davvero unico ed ancora una volta devo la sua scoperta al mio girovagare per il continente australe dove ho avuto modo di conoscere musicalmente non solo Rudd ma tanti altri artisti minori, buskers di festival locali. È uno strumento molto espressivo, volubile e in grado di trasmettere le emozioni di chi lo suona».
Dall'Australia hai portato con te anche il suono del didjeridoo che devo confessarti è uno strumento che mi affascina…
«Il didj anche se suonato a fiato viene considerato una percussione e si sposa benissimo sia con ambienti sonori acustici che elettronici! Nato dalla tradizione aborigena richiama all'orecchio i suoni e i colori della terra ancestrale».
Secondo te a cosa serve una canzone?
«Una canzone serve a trasmettere emozioni, immagini ed esperienze di vissuti, può far star bene, può incuriosire, deve emozionare e comunque sia darti carica e tempo per andare avanti e riflettere qualunque cosa tu stia facendo nella vita».
Quali sono gli ascolti che hanno maggiormente influenzato l'album?
«Xavier Rudd, John Butler, Eddie Vedder, Tommy Emmanuel, Nick Drake, Pearl Jam, Damien Rice e ce ne sarebbero tanti altri».
Come artista dove ti vedi tra dieci anni?
«È difficile dirlo, la strada del musicista come altre, non è semplice; è fatta di passioni, delusioni, salite e rapide discese. Tra dieci anni suonerò sicuramente, magari con qualche sogno in più nel cassetto realizzato».
Titolo: Time to smile
Artista: Luca Casali & The Roots Band
Etichetta: autoproduzione / New Model Label
Anno di pubblicazione: 2014
Tracce
(musiche e testi di Luca Casali)
01. True song
02. Over the sea
03. Like a breath
04. Found out the way
05. Time to smile
06. And nothing more
07. Siren
08. Without shoes
09. Spring time
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