domenica 22 luglio 2012

Il Pantheon tutto al femminile di Roberta Alloisio








Tredici tracce per una dichiarazione d'amore. È quella fatta da Roberta Alloisio alla città di Genova con il disco "Janua". Un atto d'amore per l'universo femminile di cui fanno parte Genova e le sue figlie: lavandaie, donne vestite da marinai, venditrici di vento, monache spose. Il tutto chiuso in questo disco del 2011 premiato con la Targa Tenco. Un album di musica tradizionale, o forse sarebbe più corretto identificarlo con il termine più ampio di world music, in cui la Alloisio ha recuperato poesie dialettali e antichi scritti e li ha legati a eleganti sonorità che abbracciano la cultura del Mediterraneo. 
Per la Alloisio, artista che in oltre trent'anni di carriera si è divisa tra teatro e canzone, si tratta del secondo lavoro discografico dopo il raffinato "Lengua Serpentina" del 2007. Roberta Alloisio sarà a Loano martedì 24 luglio in occasione dell'ottava edizione del Premio Nazionale Città di Loano per la musica tradizionale italiana. Nel corso della serata, che la vedrà esibirsi sul palco dell'Orto Maccagli, riceverà il premio per il Miglior Album 2011, assegnatole da una giuria composta da oltre sessanta giornalisti musicali.
Alla vigilia dell'evento Roberta Alloisio con grande disponibilità ha risposto alle domande di questa intervista.    



Dalla Targa Tenco 2011 come migliore interprete al Premio Nazionale Città di Loano per la musica tradizionale italiana. L'album "Janua" ha sbaragliato la concorrenza. Sei rimasta sorpresa da questi importanti e prestigiosi riconoscimenti o in qualche modo te li aspettavi?

«Aspettarsi qualcosa non è nella mia natura, figurarsi un premio! No, non me li aspettavo proprio, li desideravo ma non me li aspettavo. Però devo dirti che con il primo disco – "Lengua Serpentina" che nel 2009 vinse il Premio Viarengo - avevo capito che c'era comunque ancora interesse per progetti forti, dove ricerca e creatività si sposano. Per me che arrivo dal teatro questo è un modo istintivo di agire, non sono mai mossa dal bisogno di esprimermi ma sempre dal bisogno di comunicare e dunque "porgo" più che posso, avvicino all'ascolto. Credo che venga premiato questo». 

Due rassegne che ti hanno già vista protagonista nel corso degli anni. Al Tenco giovanissima con l'Assemblea Musicale Teatrale, a Loano grazie all'album "Lengua Serpentina" con l'Orchestra Bailam. Come hanno influito sulla tua carriera musicale?

«Il primo Tenco non si scorda mai! Beh, era stata una grandissima esperienza, ricordo ancora le luci sulle balconate dell'Ariston, mi dicevo non dimenticare Robertina, non dimenticare… E poi erano anni d'oro, in quei giorni incontrai Benigni, Guccini, Vecchioni, Branduardi... Un bel battesimo grazie all'Assemblea Musicale Teatrale, gruppo cult genovese dove militava mio fratello Gian Piero. Il concerto fatto al Premio di Loano con l'Orchestra Bailam nel 2008 è stato invece importante come "segno" di accoglienza verso la mia nuova ricerca. In fondo ero una signora che dopo una carriera gregaria tra musica e teatro si era svegliata decidendo di proporre qualcosa di suo. Ed esibirmi prima (e insieme!) alla grande Elena Ledda, che di questa voglia era stata una delle artefici con "Amargura", è stata per me grande gioia». 

Tutte le volte che leghi la tua musica a Genova e alla canzone genovese i successi e i riconoscimenti arrivano puntuali. Che rapporto hai con la città e la tradizione musicale genovese tu che vivi a Ovada? 

«In realtà vivo a Ovada da pochi anni, sono cresciuta a Genova e genovese sono da parte di madre. Però all'epoca non mi sfuggì il fatto che un premio importante come il Viarengo mi arrivasse invece dal Piemonte, terra paterna. E proprio ringraziando tutte le mie ave piemontesi che probabilmente avevano mosso fili lassù per farmelo vincere - nonna Rita, bisnonna Taviula… - ho cominciato a pensare a tutte le donne della famiglia che per secoli hanno cantato e cantano, mia mamma ha ancora una bellissima voce! E dunque ho ringraziato anche il ramo materno: nonna Cisa, bisnonna Maria… insomma ho capito che da sempre ero assistita da un Pantheon tutto al femminile. Così è nato il desiderio di esprimere questa appartenenza in "Janua"».

"Janua" è una porta sulla tradizione della musica ligure ma allo stesso tempo vi si trovano anche riuscite sperimentazioni. Come è nato questo album?

 «"Lengua Serpentina" era stata un'operazione di grande teatro. Nel senso che sono andata a recuperare testi della tradizione letteraria a partire dal 1200 ma in realtà musicalmente era pieno di contributi contemporanei, da Franco Minelli leader dell'Orchestra Bailam che ha scritto e curato gli arrangiamenti, a Bruno Coli, Gian Piero Alloisio, Edmondo Romano. Insomma era la voglia di inventarci un folklore che fece partire il progetto ma il recupero fu soprattutto nei testi. La prima immagine di "Janua" invece è in un racconto di mia madre: sua nonna alla finestra con i "pendin" (i pendenti alle orecchie) che guarda il mare e aspettando il rientro degli uomini canta "Lanterna de Zena". Sono dunque partita da lì, e poi mi sembrava onesto affrontare la tradizione, in fondo con il primo disco avevo un po' barato».

Il disco vede protagoniste le donne: donne laboriose, fiabesche, imprevedibili. Che importanza hanno oggi le donne nel mondo della cultura e dell'arte in Italia?

«Non ragiono mai in termini di quote rosa e il fatto di esser donna non ha mai né favorito né limitato la mia espressione. Io vivo in questo guazzabuglio di generi senza fare troppa distinzione, se non quella del talento e dell'arte come grande possibilità evolutiva. Per tutti. Se mai sono preoccupata della poca attenzione che ultimamente c'è in generale per la cultura in Italia. Noi artisti sembriamo tutti una massa di adolescenti in preda a una passione giovanile. In un mondo sempre più spettacolarizzato noi che viviamo di questo lavoro sembriamo uno strana razza in via d'estinzione, un po' come i panda. Riguardo alle figure femminili del disco, diciamo che sono stata attratta da canzoni dove un'apparente normalità nascondeva invece storie sorprendenti, quasi estreme e spesso l'elemento di passaggio tra questi mondi era dato dalla notte. Proprio in "Lanterna de Zena" c'è Maria che gira nel porto alle 3 di notte vestita da marinaio, c'è Catarina che lava i panni "Al Pont de Mirabel", anche lei a notte fonda, e infatti probabilmente è una strega. La notte come mondo femminile, legato al potere della luna, dove si liberano i freni del controllo sociale, quando ancora i "normali" stavano a casa di notte. Le canzoni popolari in questo sono davvero strepitose, in poche strofe racchiudono mondi infiniti, pieni di rimandi tra cielo e terra». 

Quale interprete femminile della canzone popolare ti è particolarmente cara? 

«Una su tutte difficile dire, ma se mi costringi: Gabriella Ferri per il passato. Voce, ironia, strepitosa modernità e grande capacità di rilettura la rendono follemente immortale. Elena Ledda per il presente. Per la serietà della sua ricerca, per questo suo timbro evocativo, così ricco di suggestioni, nel suo canto ci sono tutte le donne di Sardegna». 

Tante sono le collaborazioni che arricchiscono "Janua". Ce ne puoi raccontare una di cui sei particolarmente orgogliosa o che non ti aspettavi per i risvolti umani e artistici? 

«Un disco non esisterebbe senza la collaborazione di decine e decine di persone. È davvero un impasto che poi lievita a modo suo. Però quando nasce devi avere vicino compagnie solide e visionarie quanto te. E dunque in primis grazie a Fabio Vernizzi che l'ha covato insieme a me, scrivendo, arrangiando, suonando. Con lui è nato e con lui vive ogni volta che lo portiamo in concerto. Poi sì, bellissima esperienza con Piero Milesi, che si è appassionato alla nostra "Ave Maria". Vederlo lavorare con Patrizia Merciari alla fisarmonica è una delle immagini forti che mi insegnano cosa è fare musica. È mancato pochi mesi dopo, quando risento il suo violoncello penso che ci abbia lasciato un regalo prima di andare… Grande incontro anche con Mario Arcari, gli ho spedito un improbabile testo del 1600 e dopo poco mi sono ritrovata una canzone potente ed evocativa, così, quasi senza chiedere. E per finire Armando Corsi, l'istinto musicale fatto persona, io che rimugino su ogni nota mi trovo a danzare sulla chitarra di questo signore con una strana libertà. E poi le voci di Esmeralda (Sciascia, ndr), la pazienza di Federico (Lagomarsino, ndr) mentre registravo, Marco Fadda, Riccardo Barbera, Roberto Izzo compagni di una vita, Max Manfredi, Margiotta, il mix di Marco Canepa…i Birkin Tree. Impossibile non citarli tutti, non ci sarebbe "Janua". E poi son tutti un po' belli, quando mi giro sul palco mi sento fortunata…». 

"Janua" è un disco di musica tradizionale, come ti sei avvicinata a questo repertorio?

«Ho avuto la fortuna di lavorare molti anni al Teatro della Tosse. Tonino Conte, pur essendo napoletano, ha sempre fatto ricerche molto approfondite sul repertorio popolare ligure, con grande passione e poca retorica. Per fortuna io passavo di lì. Fu lui a chiedermi di cantare le prime cose. Vent'anni dopo alcuni di quei pezzi sono diventati il punto di partenza per "Lengua Serpentina"». 

Ai concerti di musica tradizionale i giovani non mancano mai, come consideri questo fatto? 

«Perché la musica tradizionale parla un linguaggio ancestrale. Sono milioni di uomini e donne che continuano a parlare da secoli, è la storia che parla. Io credo che istintivamente arrivi questo. E poi musicalmente è diventato un territorio di grande sperimentazione, che spesso raggiunge livelli molto alti, pieno di rimandi culturali. In un solo concerto spesso si fa il giro del mondo!».

Per concludere le fatidiche dieci domande secche. 

- Torta pasqualina o acciughe fritte?
- Gonna o pantalone?
- "Bocca di Rosa" o "La guerra di Piero"?
- Anni '70 o i 2000?
- Papavero o glicine?
- Settembre o giugno?
- Posta elettronica o lettera tradizionale? 
- Acqua frizzante o liscia?
- Giorgio Gaber o Enzo Jannacci?
- Levante o ponente?

«Aiuto! Mi sto allenando a non avere opinioni, mi pare un momento in cui chiunque parla su qualunque cosa, dunque cerco di opporre una resistenza tutta mia. Quindi ti direi che prendo tutto, tutto mi piace e va bene, mi piace la torta pasqualina ma anche (tanto!) le acciughe fritte, alterno gonne e pantaloni con gioia, settembre mi delizia per i suoi tramonti malinconici ma quando arriva giugno e l'aria si fa calda e arrivano le rondini… insomma ogni cosa mi piace perché esalta la bellezza dell'altra e forse non ne esisterebbe una se non esistesse l'altra. Unica esitazione l'ho avuta leggendo Gaber e Jannacci. Adoro Jannacci e qui più che mai penso che l'uno abbia in parte nutrito la creatività dell'altro in quella meravigliosa palestra che è stata la Milano degli anni '60... però avendo avuto la fortuna e il lusso di lavorare con Gaber, posso dirti che in assoluto è l'artista più grande che io abbia conosciuto. Era assolutamente perfetto! Perfetto, una cosa difficile da dire, vero? Vedi che un'opinione ce l'ho».


Titolo: Janua
Artista: Roberta Alloisio
Etichetta: CNI
Anno di pubblicazione: 2011

Tracce
(testi e musiche)


01. Gli occhi della mia bella  [Antonio Conte, Bruno Coli]
02. Lanterna de Zena  [anonimo]
03. E stelle do mae cheu  [Giuseppe Cava, Fabio Vernizzi]
04. Venditrici di vento  [Max Manfredi, Fabio Vernizzi]
05. Al Pont de Mirabel  [anonimo]
06. Ave Maria Zeneize  [Piero Bozzo, Agostino Dodero]
07. La monaca sposa  [anonimo, Fabio Vernizzi]
08. Amore no te dubitare  [anonimo, Fabio Vernizzi]
09. Morettino  [anonimo]
10. Fado al santuario  [Max Manfredi, Armando Corsi]
11. Ed or n'è chiusa la porta e la persiana  [anonimo, Fabio Vernizzi]
12. Donna serpente  [Gian Giacomo Cavalli, Mario Arcari]
13. Donna che apre riviere  [Giorgio Caproni, Bruno Coli]


giovedì 19 luglio 2012

Giulia Millanta, Firenze-Austin andata e ritorno







La cantautrice fiorentina Giulia Millanta è una vecchia conoscenza del pubblico savonese. A novembre ha accompagnato l'irlandese Andy White in un tour che ha toccato anche Sassello (Savona). Ora Giulia, forte del suo nuovo disco intitolato "Dust and Desire" e disponibile dal 24 luglio in download digitale dalla piattaforma iTunes, tornerà domenica 22 luglio (ore 16.30) a calcare il palco della Cantina dei Frati in piazza Concezione a Sassello. Ancora una volta Giulia non sarà sola. Al suo fianco ci sarà uno dei più apprezzati chitarristi americani, il texano David Pulkingham, già spalla di Alejandro Escovedo.  
Con Giulia, raggiunta grazie agli ormai potenti mezzi tecnologici tra un concerto e l'altro del tour che proseguirà fino ad agosto inoltrato, abbiamo parlato del nuovo disco, dei tour e degli amici incontrati per strada.  


A novembre hai suonato insieme ad Andy White. Un bel set che è riuscito a scaldare l'ambiente nonostante il freddo e a richiamare a Sassello un buon numero di appassionati. Come è stato girare l'Italia insieme ad Andy?

«Andy è divertente ed è un grande artista, uno che di strada ne ha fatta tanta, alla vecchia maniera, chilometri fatti sulle strade per suonare in giro, per raccontare storie. Andy è uno che riesce a coinvolgere le persone, a comunicare e far divertire. Insieme abbiamo fatto date in Italia, Germania e Svizzera. Era in Italia anche a giugno ma purtroppo non ho potuto suonare con lui perché ero ad Austin. Durante le giornate passate insieme abbiamo sempre riso un sacco e soprattutto ci si perdeva sempre, nonostante il navigatore, e si finiva per girare in tondo per ore e scoprire poi che il locale dove dovevamo suonare era e tre metri! Colpa del navigatore. Uno dei momenti che ricorderò sempre è la grigliata fatta a Sassello alle 3 di notte con meno 20 gradi e grappa a scroscio. La mattina dopo non mi ricordavo neanche il mio nome». 

Domenica torni accompagnata da un grande chitarrista: David Pulkingham. Personalmente ho avuto la fortuna di poterlo apprezzare al Light of Day 2010 a Como insieme ad Alejandro Escovedo. Cosa ci puoi raccontare di lui e come è nata questa collaborazione? 

«Io e David ci siamo incontrati a Como lo scorso autunno, suonavamo al tributo a Townes Van Zandt. Io quella sera avevo la febbre ed ero veramente devastata. Prima del concerto ero dietro le quinte del teatro a scaldarmi, suonando dei pezzi per chitarra fingerstyle e David si è avvicinato chiedendomi il titolo del brano che stavo suonando, poi ci siamo scambiati i rispettivi dischi e ci siamo messi a chiacchierare. Siamo rimasti in contatto dopo quella sera. Quando sono tornata negli Stati Uniti in tour a dicembre-gennaio ci siamo incontrati nuovamente a New York e ad Austin e abbiamo suonato insieme. Abbiamo così scoperto una grossa affinità nel modo di suonare e sentire la musica. David è una persona di una sensibilità e di una umiltà veramente uniche. Ha un cuore grande e anche con lui non si fa altro che ridere». 

Ti sei trasferita per un periodo ad Austin, la capitale mondiale della musica dal vivo. Cosa ti ha lasciato questa esperienza e come è questo mondo molto lontano da noi? 

«Austin è un gran posto, molto diverso da quello a cui siamo abituati noi europei. Ogni sera ci sono circa cinquanta concerti, e sono solo quelli annunciati sul giornale. È un posto molto progressista, molto "vivi e lascia vivere" dove puoi vestirti come ti pare e gli uomini si mettono lo smalto sulle dita dei piedi! Sono stata accolta con un calore e un interesse davvero inaspettati. L'esperienza non è finita, anzi direi che è appena iniziata. Sono in Italia per circa sei settimane e poi torno lì, ho concerti e un appartamento che mi aspetta e che adoro». 

Dopo il tuo album d'esordio "Giulia and the Dizzyness" e l'ottimo "Dropping Down", in questi giorni esce il tuo terzo lavoro, "Dust and Desire". Quali sono state le tue ispirazioni e cosa ci riserva questo disco? 

«"Dust and Desire" è un disco nato un po' per caso, avevo voglia di fare una tappa intermedia dopo "Dropping Down" e prima del mio prossimo disco ufficiale. "Dust and Desire" doveva essere un EP di 4 pezzi o un bootleg ma alla fine mi sono lasciata prendere dall'entusiasmo ed è diventato un disco di otto pezzi (nove nella versione digitale). Un disco acustico e scarno in cui per la prima volta canto in spagnolo e anche in italiano. Austin è un gran calderone di energie e contaminazioni, quindi il posto adatto per sbizzarrirsi e sperimentare».

In "Dust and Desire" hai curato tutta la produzione, come è successo con il precedente lavoro o ti sei avvalsa della collaborazione di altri professionisti?

«L'idea era di fare nuovamente da produttore e arrangiatore, poi David si è offerto di co-produrre il disco con me. In più ho avuto l'immenso piacere di registrare al Church House Studio di Austin, con David Boyle, una persona splendida, oltre che un gran fonico e musicista. Con me hanno registrato musicisti del posto, Hector Munoz alle percussioni e Brian J Standefer al violoncello».

In queste settimane sei in tour ma il tuo ultimo concerto da spettatrice qual è stato?

«Paco de Lucia ad Austin e prima di lui il mitico Willie Nelson! Li ho adorati entrambi».

Il detto è 'non c'è due senza tre'. Quindi dopo Andy White e David Pulkingham con chi ti piacerebbe girare l'Italia la prossima volta?

«Domanda troppo difficile, voglio girare con persone con cui ho affinità, con cui condividere la strada, non solo in senso di chilometri sotto le ruote della macchina. Persone con cui dividere un pezzetto di cuore e di anima».

Per concludere ecco le dieci domande secche.

- Chianti o Vermentino? Chianti…vino rosso!! Il bianco a piccole dosi, il rosso sempre anche a colazione.
- Bob Dylan o Bruce Springsteen? Sinceramente nessuno dei due. Comunque se devo scegliere dico Bruce per un legame affettivo, lo ascoltavo quando avevo 10 anni.
- Stanley Kubrik o Quentin Tarantino? Kubrik, lo amo.
- Mareggiata o calma piatta? Mareggiata! Sono di padre livornese, il libeccio ce l'ho nel sangue.
- Margherita o rosa? Margherita, umile e solare.
- Cannolo siciliano o tiramisù? Prosciutto??? non sono molto amante dei dolci!
- Ipod o vinile? Vinile ovviamente, l'Ipod neanche ce l'ho e continuo a sentire musica su cassette.
- Luna piena o crescente? Piena…così ululo!
- Appaloosa o arabo? Difficile a dirsi, li amo entrambi. L'arabo è matto ed elegante, l'appaloosa è affidabile e ci fai i chilometri.
- Sandali o tacchi a spillo? Tacchi ma non a spillo, direi più zeppona alla David Bowie o stivalone alla Neil Young.



lunedì 2 luglio 2012

Chiara Ragnini, la poetessa nerd "smanettona"





Genovese, lunghi capelli biondi e sorriso contagioso. Chiara Ragnini è tutto questo e molto altro. La ventinovenne Ragnini è una delle figure emergenti della canzone d'autore italiana. Ha vinto il Premio Donida 2011, ha trionfato a Roma nel The Place Lab riservato ai nuovi talenti, è stata finalista di Area Sanremo 2011. Questi solo alcuni degli attestati di merito conferiti dalla critica a Chiara. Il suo primo album ufficiale si intitola "Il Giardino di rose" (2011) e non è passato inosservato (con lo pseudonimo di Ceanne Mckee nel 2008 aveva pubblicato l'autoprodotto "Wonderland"). Un album piacevole, fresco, giovanile in cui chitarra e voce sono gli indiscussi protagonisti. Al disco hanno contribuito Claudio Cinquegrana (chitarre e missaggio), Max Matis (basso) e Sandro Vignolo (percussioni e batteria).
Chiara Ragnini, in trio, si esibirà il 5 luglio a Finale Ligure, in piazza Vittorio Emanuele II (ore 21), in occasione di "Finale Ligure per Finale Emilia. Concerto per le popolazioni colpite dal terremoto".
Chiara si racconta in questa intervista a poche ore da questo importante evento.



Chiara, la tua strada è quella della grande scuola dei cantautori genovesi oppure punti su un altro genere? A chi ti senti più vicina?

«Istintivamente la figura del cantautore chitarra e voce può essere fuorviante, se poi è anche genovese non ne parliamo, nel mio caso mi colloco nel mondo della musica pop con sfumature inevitabilmente cantautorali e acustiche. La strada che sto percorrendo c'entra dunque poco con la scuola genovese: mi definisco cantautrice in quanto interprete delle canzoni che scrivo ma nulla di più».

Ti senti vicina a qualche cantautore genovese?

«Se ti devo dire la verità a nessuno in particolare: la tradizione cantautorale genovese è ben portata avanti da tanti bravi artisti della mia città. Se devo citarne tre su tutti: Max Manfredi, Federico Sirianni e Giua».

Perché secondo te è così difficile trovare cantautrici della scuola genovese che si sono affermate nel corso degli anni?

«In realtà a Genova, negli ultimi anni, il fermento cantautorale femminile è notevolmente cresciuto. È un fermento differente rispetto alle grandi figure come De Andrè, Lauzi, Paoli, che cerca di ritagliarsi spazio nel panorama musicale nazionale guardando con rispetto i grandi cantautori ma cercando di costruirsi un'identità propria, con un certo distacco in termini di evoluzione dalla tradizione passata».

Allargando gli orizzonti, quali cantanti apprezzi maggiormente?

«Vinicio Capossela è in assoluto l'artista italiano che apprezzo maggiormente, insieme a Samuele Bersani, Tiziano Ferro, Elio e Le Storie Tese, Jovanotti, Mauro Ermanno Giovanardi, ma anche Erica Mou, Malika Ayane, Noemi, Musica Nuda (Magoni/Spinetti)... e ancora, fra gli stranieri, Janelle Monàe, i Caravan Palace, i Calexico, i Belle and Sebastian. Guarda, i miei ascolti sono davvero eterogenei e variegati, ascolto davvero di tutto spaziando dal rock al punk, dal blues al metal, dall'elettronica al jazz. Non voglio darmi limiti a tutto quanto possa regalarmi emozioni».

Con l'album "Il Giardino di rose" hai fatto parlare i critici, hai vinto premi e sei balzata agli onori della televisione. In tutto questo susseguirsi di eventi ed emozioni hai ancora il tempo di tenere vivi i rapporti con i tuoi fans su Facebook. Cosa rappresenta oggi internet per gli artisti della nuova generazione?

«Aggiungiamoci anche che nella vita di tutti i giorni lavoro in ufficio dalla mattina alla sera e otterrai l'immagine perfetta di una brava stakanovista! A parte gli scherzi, internet è un mezzo potentissimo dal quale non si può più prescindere: bisogna conoscerlo, saperlo usare e sfruttare al massimo a proprio uso e consumo. Il web è il mezzo principale che noi artisti poco noti abbiamo a disposizione, nell'attesa di ottenere la visibilità che solo i grandi mezzi di comunicazione possono riuscire a darti. Personalmente, lo utilizzo per stringere e approfondire contatti, organizzare concerti ed eventi, restare in contatto diretto con chi mi segue e naturalmente promuovere la mia musica».

Quali sono attualmente le maggiori difficoltà che una giovane artista deve affrontare per farsi strada nel mondo musicale italiano?

«Sicuramente la difficoltà maggiore è scontrarsi con la diffidenza da parte delle grandi case discografiche verso nuovi progetti che non siano passati prima attraverso un talent show: Amici e X Factor sfornano ogni anno nuovi prodotti che costituiscono la percentuale maggiore degli artisti del nostro attuale panorama musicale. E intendo artisti che vendano dischi e che riescano a fare della musica realmente il proprio mestiere. A parte qualche rarissima figura che ancora ha voglia e coraggio di investire nei nuovi talenti - vedi Caterina Caselli con la sua "Sugar" - attualmente la situazione per un artista sconosciuto che voglia crescere professionalmente e artisticamente è tragica: o passi dalla televisione o non sei nessuno».

Nel tuo sito ti definisci "poetessa nerd smanettona". Questo perché ti sei laureata in informatica con il massimo dei voti e poi perché?

«Guarda, questa definizione è nata alcuni mesi fa e mi faceva particolarmente sorridere, così l'ho inserita all'inizio delle mie note biografiche: mi piace tantissimo il connubio fra l'immagine che offro musicalmente, di cantautrice quasi eterea, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, dietro la quale si cela invece una vera nerd con la N maiuscola, che ama programmare, assemblare pc, "smanettare" insomma con il computer come tanti altri coetanei prettamente di sesso maschile. È un po' il maschiaccio che è in me e che ogni tanto viene fuori di nascosto quando meno te lo aspetti!».

Giovedì 5 luglio sarai a Finale Ligure per un concerto a favore dei terremotati dell'Emilia. Cosa rappresenta per te questo appuntamento?

«Sono davvero orgogliosa di partecipare a questo evento così importante: l'Emilia ha bisogno di tutto il nostro sostegno, non solo morale ma anche e soprattutto economico, e ancora ne avrà nei prossimi mesi, perciò ben vengano occasioni come questa dove con la nostra musica possiamo dare davvero una mano. A fine settembre sarò a Torino per un altro evento importante come questo e sono veramente felice di poterci essere».

Quando e perché hai deciso di intraprendere la carriera di musicista?

«Ti rispondo con una frase che ci disse Gino Paoli alcuni mesi fa a Sanremo in occasione dei corsi di Area Sanremo: non sei tu a scegliere la musica, è la musica a scegliere te. Mi ci ritrovo benissimo in questa affermazione: la musica è prima di tutto un bisogno che va soddisfatto e che io affronto sempre con grande professionalità, serietà, costanza e determinazione. Se poi riuscirò a farne anche un mestiere e a vivere di questo, sarà prima di tutto un grande privilegio e subito dopo una bellissima soddisfazione».

Quanto ti ha aiutata vincere il Premio Donida 2011?

«Il Premio Donida mi ha portato davvero tanta fortuna. È un riconoscimento importante in mezzo a fiumi di concorsi che spesso si rivelano male organizzati, poco seri e soprattutto privi di alcuna prospettiva reale. Non è chiaramente un concorso di per sé a cambiarti la vita artistica, ma può esserlo, come in questo caso, l'insieme di persone che ne fanno parte e che si presentano nel tuo percorso come punti di riferimento che magari prima non c'erano. Grazie al Donida lo scorso anno sono entrata in contatto diretto con la Universal Music Publishing, che ha edito "Gli scoiattoli nel bosco", l'opera vincitrice, e questo è stato un ottimo punto di partenza per collaborazioni future. Ho ricevuto moltissimi apprezzamenti dai principali critici musicali nazionali presenti in giuria quella sera e con i quali continuo a mantenere ottimi rapporti. Insomma, occasioni come questa ti permettono di crescere e soprattutto di entrare in contatto con certe realtà dalle quali sicuramente sarebbe più difficile farsi notare. Infine, sono stata ospite di tanti grandi eventi in qualità di vincitrice, primo fra tutti il concertone in piazza Colombo a Sanremo l'ultimo giorno del Festival lo scorso febbraio, dove ho condiviso il palco con Stefano Centomo e Povia, artisti che stimo molto e di grande professionalità. Come diceva il vecchio detto? Chiusa una porta si apre un portone!».

Stai lavorando a un nuovo progetto discografico o stai raccogliendo le idee?

«In questi mesi stanno nascendo nuove canzoni, che sto curando, coccolando e lasciando maturare in vista di un nuovo progetto discografico, che spero di riuscire a realizzare non più da sola ma insieme a professionisti del settore che vogliano credere in quello che propongo e investirvi senza paura».

Qual è il tuo sogno nel cassetto nella vita e nella carriera?

«Il mio sogno più grande è poter vivere di musica e sentirmi davvero realizzata e felice».

Direi che domande te ne ho fatte abbastanza, me ne tengo alcune per la prossima puntata, magari quando uscirà il tuo nuovo album. Mi piace però terminare con il gioco delle dieci domande secche. Eccole quindi.

- Oceano Atlantico o Pacifico? Pacifico... come me!
- Sci di fondo o alpino? Sci di fondo: adoro stare in mezzo alla natura e poi sai quante calorie si bruciano facendo fondo?
- Granita alla mandorla o gelato al cioccolato? Granita alla mandorla: fresca e dolce, come la mia musica!
- Joan Baez o Janis Joplin? Joan Baez, per la sua raffinatezza.
- Lana o cotone? Cotone, soprattutto in questi giorni che fa caldissimo!
- Stivali o sneakers? Sneakers, amo la comodità!
- Il Silenzio degli Innocenti o Sulle ali della libertà? Bellissimi libri li ho letti entrambi anche se il secondo è un racconto, ma da fanatica di King non posso che scegliere The Shawshank Redemption.
- Gozzo o barca a vela? Gozzo, come quello che vorrebbe avere mio papà.
- Lambrusco o Vermentino? Lambrusco e pop corn!
- Cime tempestose o Le Cronache di Narnia? Le Cronache di Narnia perché la fantasia viene prima di tutto e senza di essa non saremmo niente.


Titolo: Il giardino di rose
Artista: Chiara Ragnini
Etichetta: autoproduzione
Anno di pubblicazione: 2011