L'amore per i ritmi brasiliani, l'incontro con Guinga, il primo disco e il Premio Tenco. Emanuele Belloni non ha avuto fretta a percorre queste tappe e ad avvicinarsi al mondo della musica, quella standardizzata e scandita da scadenze ben definite. Ha vissuto, viaggiato, fatto maturare la sua arte e solo allora, grazie anche ad un incontro fortunato, di quelli che cambiano la vita, ha capito che era giunto il momento di dare seguito alla sua passione. E così, dall'incontro magico con il chitarrista e compositore brasiliano Guinga e dalla voglia di provarci è nato "E sei arrivata tu", disco d'esordio che non è passato inosservato. È finito dritto dritto nella cinquina finalista dal Premio Tenco categoria opere prime e la giuria gli ha riservato il secondo posto finale ma soprattutto è arrivato il riconoscimento unanime della qualità della proposta di questo cantautore.
Così lo descrive Guinga: ‹Se le sue canzoni diventeranno famose non dipenderà solo dalla sua sensibilità, ma dal contenuto di esse. Canzoni che, sono certo, arriveranno con molta forza ed energia al cuore di chi le ascolterà. Penso che questo primo lavoro sia solo l'inizio di un'opera intera bellissima, che si concretizzerà con il tempo›.
E per capire chi è Emanuele Belloni non abbiamo avuto idea migliore che chiederlo direttamente a lui.
Come ti sei avvicinato alla musica brasiliana?
«Tutto è nato da una cassetta di Jobim, circa 30 anni fa. Mi impressionò subito la bellezza armonica dei brani, la melodia suonata fuori dalla marcazione "quadrata" e il ritmo avvolgente».
Da dove nasce il tuo amore per il Brasile?
«Da infatuazione ad innamoramento ci sono voluti anni di studio - con Gianluca Persichetti splendido chitarrista, maestro e amico -, una spruzzata di incontri con musicisti e autori carioca conditi da qualche viaggio: a quel punto è stato colpo di fulmine!».
Quali sono i tuoi autori preferiti?
«Se parliamo di Brasile, gli storici senza dubbio andando anche più indietro nella tradizione con Villa Lobos, Cartola, Noel Rosa fino a Caetano, Djavan e Joao Bosco. La buona musica italiana da Tenco a De Andrè e il rock anni Sessanta, con punte psichedeliche nei Settanta. Insomma la musica di "prima" nessuno l'ha superata».
Sei arrivato secondo al Premio Tenco nella categoria opera prima. Come hai vissuto l'esperienza sanremese?
«Il Premio Tenco è sempre stato per me l'obiettivo, in quanto a qualità e riconoscimento, per un percorso di canzone d'autore: sei mesi fa non era uscito né un disco né un concerto. Chi mi sveglia dal sogno?».
Cosa pensi di questa manifestazione che, nonostante i problemi economici, resta la vetrina più importante per i cantautori?
«Credo che sia in assoluto il più importante palcoscenico per i cantautori. Ci sono però delle piccole incongruenze: i giurati hanno poco tempo per ascoltare tutte le proposte e non c'è più lo spazio per una fase finale dal vivo. Nella categoria dischi d'esordio, poi, avrebbe senso includere gli esordienti veri e non chi è già noto al pubblico con precedenti formazioni musicali. Così come nella categoria disco dell'anno la presenza dei superbig (De Gregori, Guccini e Fabi quest'anno) azzera le possibilità di vincita dei meno noti. Non dimentichiamo che chi esordisce lo fa di solito con le sole sue energie, senza major e con tanta fantasia».
Determinante per il tuo primo disco è stato l'incontro con Guinga. Ci racconti come è avvenuto?
«Ad un concerto. Sono stato fulminato da come raccontava i suoi brani, voce e chitarra. Un chitarrista superbo dallo stile unico e inimitabile. L'ho avvicinato dopo il concerto e gli ho chiesto una lezione di chitarra. E lui mi ha regalato la consapevolezza di essere un musicista».
Guinga e Alfredo Paixão. Quanto e come hanno contribuito alla tua musica e alla tua crescita artistica queste due figure?
«Sono stati l'anima armonica e l'anima ritmica di questo lavoro. Guinga ha illuminato i brani più significativi del disco con armonizzazioni mozzafiato. Alfredo è stato la guida ai suoni e alla scelta dei musicisti più significativi. Guinga mi ha fatto capire che l'anima della musica ha sempre un accordo perfetto, Alfredo Paixão che vanno rispettate e non mischiate le qualità degli strumenti: insomma niente salmone con i porcini!».
Nel disco, oltre al Brasile, paghi il tuo debito anche ai grandi della scuola genovese. Qual è il tuo rapporto con i vari Tenco, De Andrè, Lauzi, Ciampi…?
«Ho sempre ascoltato i 33 giri presenti nella discoteca di mio padre e ho approcciato ad orecchio i primi accordi di chitarra. Impossibile non rimanere incantati dalla semplicità degli accordi e dalla magia di quelle storie raccontate nelle canzoni. Il primo brano è stato "Tutti morimmo a stento", De Andrè vol.1: facevo la tromba con un kazoo».
A 42 anni hai pubblicato il primo disco; non è l'età di un esordiente. Quando e perché ti sei avvicinato alla musica?
«Come ti dicevo, intorno ai 10 anni la prima chitarra rubata a mio fratello. A 15 anni il primo brano scritto per una compagna di banco e a 17 "Lo Sceriffo del west" che ha dovuto aspettare 25 anni per diventare un brano del mio primo disco. In mezzo ci sono stati tanti brani che oggi, a rileggerli, sono un po' il mio diario personale. Ma senza Guinga che mi propose di produrre il disco in Brasile, credo che non staremmo qui a parlare io e te».
Nella vita hai fatto anche il tecnico informatico e ci si sarebbe aspettati un utilizzo delle nuove tecnologie anche nel disco. Invece sei andato nella direzione opposta: tutto acustico. Perché?
«Perché volevo sentire l'anima degli strumenti e la genialità dei loro magici esecutori - Enzo Pietropaoli, Franco Piana, Michael Rosen, Israel Varela, Nelson Faria per citarne alcuni - che, senza parti obbligate, sono venuti in studio e hanno seguite le linee guida mie e di Alfredo Paixão. Non è un rifiuto delle nuove tecnologie ma la consapevolezza che sei corde, una pelle e un ottone possono creare qualcosa di più magico se pizzicate, percosse e soffiate».
La copertina trasmette l'idea del viaggio. La stazione, la panchina e il cappello arancione. Qual è il viaggio che stai vivendo?
«Da una vita mi trovo in stazioni e incroci che hanno fatto di questi percorsi un dedalo di incontri e dipartite. Oggi il mio viaggio lo vedo verso il sole, perché di pioggia, inerpicate e ruzzolanti discese ne ho un po' piena l'anima. Ma tranquillo, ci sarà sempre un cappello su una panchina a ricordarmi il senso dell'imprevisto».
Quando hai scritto le canzoni del disco?
«Dallo "Sceriffo del west" di 25 anni fa a "Era no mar" scritta e cantata in portoghese a ringraziare il Brasile e i musicisti che hanno partecipato - Guinga, Paixão, Nelson Faria, Rafael Barata -. Mi vergognavo un po' e volevo mettere quest'ultima come ghost track, poi il brano è piaciuto anche nel suo arrangiamento scarno ed è diventata l'undicesima traccia di "E sei arrivata tu"».
Hai già in mente il secondo disco? Resterai fedele alla linea o cambierai strada?
«Sì, sto lavorando al secondo disco. Credo che porterò sempre con me quello che i grandi musicisti mi hanno regalato e hanno regalato alla mia musica. Ma la musica, come diceva Vinicius, è l'arte dell'incontro e non puoi mai sapere chi incontrerai alla prossima stazione del tuo viaggio».
Titolo: E sei arrivata tu
Artista: Emanuele Belloni
Etichetta: Odd Times Records/Egea distribuzione
Anno di pubblicazione: 2013
Tracce
(testi e musiche di Emanuele Belloni)
01. Come un commosso viaggiatore
02. E sei arrivata tu
03. La ballata del fuoco e l'acqua
04. Se l'amore fosse
05. Il circo
06. Lolita
07. Un sole d'amore
08. Lo sceriffo del west
09. Provateci un po' a prendermi
10. L'ultimo treno dei miei sentimenti
11. Era no mar